Ieri mattina è terminato il cammino dell'amico Aurelio Fantasticini.
Cooperatore guanelliano, nella sua lunga vita fu persona buona, generosa ed acuta nel leggere il cuore delle persone e gli avvenimenti.
Ci mancherà il suo sorriso ma lo immaginiamo felice fra le braccia del Padre.
Lo ricordiamo con affetto e preghiere.

 

 

 

Volevamo comunicarvi la morte di padre Lucas, un sacerdote indiano, che quando la nostra Opera metteva piede in India, è stato fondamentale per muovere i primi passi in terra indiana.

DON GNANAMUTHU LUCAS era nato a Chinnanvilai (Tamil Nadu - India) il 03/09/1949, già sacerdote claretiano, appartenente attualmente alla Diocesi di Madurai, era venuto in Italia nel mese di dicembre 2019 per le necessarie cure annuali. È morto ieri, 20 aprile alle ore 18.00 all’Ospedale Gemelli, a causa di un infarto sopraggiunto ad una serie di complicanze già in atto.

Il nostro superiore generale, don Umberto Brugnoni, provvederà alla benedizione della salma. L’urna con le sue ceneri sarà consegnata al superiore generale dei claretiani, don Mathew Vattamattam, in attesa di essere portata in India a Mons. Anthony Pappusamy, Arcivescovo di Madurai alla cui diocesi don Lucas apparteneva.

 

 

Padre Lucas era nato il 3 settembre 1949 a Chinnanvilai (India) ed era sacerdote claretiano quando lo ha conosciuto don Piero Lippoli nella fase iniziale della nostra Opera in India. Era poi diventato diocesano. Ultimamente apparteneva alla Diocesi di Madurai, ed era venuto in Italia nel mese di dicembre 2019 per le necessarie cure annuali. È morto il 20 aprile alle ore 18.00. L’urna con le sue ceneri è stata consegnata al superiore generale dei claretiani, don Mathew Vattamattam, il 26 maggio 2020, in attesa di essere portata in India a Mons. Anthony Pappusamy, Arcivescovo di Madurai alla cui diocesi don Lucas apparteneva. Il padre provinciale della Divine Providence Province, don Ronald, con una lettera circolare, ha ringraziato tutti coloro che si sono presi cura di lui e si sono prodigati in questi ultimi momenti tristi e di sofferenza della sua vita. Oltre a don Piero Lippoli, amico di sempre, è stato don Samson Rajasegaran, che con l’aiuto dei chierici del Seminario Teologico di Roma, ha prestato cure e premure a padre Lucas durante il suo girovagare per ospedali in questi ultimi mesi prima della morte.
Nel breve rito funebre, alla presenza dell’urna con le sue ceneri, nella cappella della Curia Generalizia dei Servi della Carità, in occasione della consegna dell’urna ai padri claretiani, don Piero Lippoli ha salutato padre Lucas con un breve discorso accorato. “Siamo tutti sicuri che tu sei tra noi in questo momento e non solo in queste poche ceneri, ma con il tuo spirito mentre contempla Dio nella gioia eterna, guarda anche a noi tuoi amici. Non ti sentiamo lontano, scomparso, finito… Nulla finirà mai per quelli che confidano in Gesù. Lo ha detto lui stesso. E tu continui la tua presenza tra noi, in modo diverso, ma certamente più completo. Per questo ti salutiamo con il saluto degli amici, “ciao”, che sanno di essere sempre vicini. E tu sei stato amico nostro, mio personale e di tutta la nostra Congregazione da quando ti ho conosciuto come membro della Congregazione amica dei padri Clarettiani, nel lontano 1987 a Karumathur”.
All’epoca padre Lucas era un giovane sacerdote, di solo sette anni di messa ed entrò subito in simpatia con don Piero e si offrì di collaborare fraternamente con la nostra Congregazione che muoveva i primi passi in terra indiana. Da quel momento ci accompagnò, passo passo, nelle vie che il Signore ci tracciava, con la sua esperienza, la sua preparazione, il suo dinamismo. Ci procurò anche il primo nostro confratello indiano, don John Bosco Arockiasamy già professo clarettiano che dopo le sue parole per un nuovo progetto alla sua vita per il Signore, lo accompagnò nel passaggio nella nostra Congregazione.
Il prezioso accompagnamento era fatto di tante indicazioni e di diversi suggerimenti nell’acquisto dei terreni. Fu lui a creare per noi la prima nostra società indiana, la Guanellian Society, di cui fu pure il primo presidente. In pochi anni di sacerdozio aveva già lavorato molto per la sua Congregazione, da lui molto amata: viceparroco in una parrocchia della diocesi di Kottar, prefetto degli studenti nella Casa di formazione, superiore e costruttore del seminario minore clarettiano, promotore vocazionale e parroco a Karumathur. Ha sempre unito la competenza nel lavoro con la modestia e semplicità di vita. “Per i suoi spostamenti usava una moto, -ricorda don Piero- dedicandosi in quegli anni, dal 1987 in poi, forse più a noi che non alla sua Congregazione: aveva ritenuto suo dovere aiutare una nuova Congregazione in una implantatio non facile, per chi conosceva poco della cultura indiana e poche parole d’inglese”.
Alla fine del 2019 era venuto in Italia per controlli clinici, ma i medici hanno riscontrato che la sua situazione generale era molto preoccupante: epatite virale C in stato avanzato, diabete, reni rovinati, cuore sofferente… Don Piero gli ha dato immediatamente una mano per un ricovero urgente: allo Spallanzani per l’epatite e al Gemelli per tutto il resto. Lui e i confratelli indiani a Roma gli sono stati vicini. Dopo diversi mesi era uscito, rimesso in sesto e continuava a parlare di miracolo di don Guanella. Sicuramente non sono mancate le preghiere in quel contesto, ma non solo da parte nostra e dei suoi confratelli, ma anche da parte di tante persone che sono diventate tuoi amici e gli hanno voluto bene, anche perché tra una malattia e un’altra aveva trovato il tempo di guarire, con i suoi massaggi, tante persone sofferenti.
Era scrupoloso nei suoi controlli e tutto sembrava andare bene, ma la caduta è stata fatale: femore rotto. La corsa all’ospedale è avvenuta, in tempo in tempo, prima dell’esplosione del corona-virus, altrimenti sarebbe stato difficile anche trovare un posto per il ricovero ospedaliero. È passato per quattro ospedali, tra cui due volte al Gemelli, dove si sentiva un po’ a casa per tanti medici e infermieri che conosceva. Ma non c’è stato niente da fare. Cuore allo stremo, dialisi ormai quotidiana, femore ingessato, fegato a pezzi. “Il Signore ti voleva con sé -conclude don Piero- e così è stato: ti ha chiamato a sé il 20 aprile e tu, sempre disposto all’ubbidienza, hai risposto: Eccomi! Ora dal cielo, ne siamo sicuri, stai continuando la tua generosa opera di soccorso e aiuto sia alla tua Congregazione che a noi Guanelliani. Grazie”.

 

    

 

 

 

"Il Vescovo di Gizo, Mons. Luciano Capelli, sdb, ha incaricato don Luigi De Giambattista e la nostra comunità nell’Isola Salomone a prendersi cura della Pastorale dei diversamente abili”

 

 

 

“Con il coronavirus non si può perdere tempo: la sfida è nell’efficacia della prevenzione e nella velocità della risposta difensiva”. Lo dice in un’intervista al Sir suor Michela Carrozzino, direttrice del Centro di riabilitazione Casa S. Maria della Provvidenza-Opera femminile don Guanella di Roma, raccontando la gestione del virus nella Rsd che accoglie in regime residenziale 155 donne dai 30 anni in su con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali, alcune molto gravi.
Nella struttura l’allarme è scattato la notte del Venerdì Santo, dopo la Via Crucis del Papa: nel giro di poche ore due ragazze con febbre alta e bassa saturazione, ricoverate immediatamente in ospedale mentre nella residenza le disposizioni sono state di comportarsi come se si trattasse, anche se ancora non era stato accertato, di Covid-19, e a scongiurare la catastrofe è stata la tempestività dell’intervento. Racconta la religiosa: “Il direttore sanitario si è precipitato qui nel cuore della notte e in modo fulmineo abbiamo blindato il reparto. Abbiamo realizzato un reparto Covid (nel quale ora abbiamo ricoverate sette ragazze) e richiesto il tampone per tutti, ospiti e personale”. Sabato Santo il terzo caso e il terzo ricovero: tre in poche ore, due al Gemelli e uno al San Camillo, e tra il Sabato Santo e la Domenica di Pasqua sono stati effettuati i tamponi. Anche suor Carrozzino, come tutti i responsabili di Rsa e Rsd, ha avuto difficoltà a reperire i dispositivi di protezione individuale, ma “grazie alla sensibilità di un padre camilliano che ha allertato il Vaticano, nel momento di massima necessità ci è arrivato da parte di Papa Francesco, tramite il suo elemosiniere, il card. Konrad Krajewski, un carico di tute e dispositivi di protezione”. Di qui la gratitudine della religiosa e l’invito a Francesco “a venire a trovarci”. Le ragazze lo aspettano e dicono: “Dobbiamo farcela perché dobbiamo incontrare il Papa!”.

(Fonte AGENSIR, 02 maggio 2020) 

 

 

Il testo della preghiera (in allegato), che la Chiesa italiana reciterà giovedì 19 Marzo, alle ore 21.00, nella solennità di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia e Patrono di tutta la Chiesa.

I vescovi italiani, per questo momento di preghiera, suggeriscono di esporre alle finestre delle case un drappo bianco o una candela. TV 2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera.