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Omelia chiusura Capitolo provinciale Sacro Cuore/ Como 18 settembre 2021
Con questa celebrazione Eucaristica qui nel Santuario tanto caro a don Guanella, anzi stando alla sua presenza sempre attiva e affettuosa nei nostri confronti, chiudiamo il XVII Capitolo provinciale della vostra famiglia provinciale: “Non abbiate paura”. Sono state giornate di preghiera, di riflessione e dialogo, di discernimento e di decisioni. Settimana intensa, ma fruttuosa nella esperienza della condivisione fraterna, ma anche per il cammino futuro delle vostre comunità di Provincia che avete tracciato nelle linee e percorsi concreti poi votate.
Certo all’inizio un poco di paura c’era in tutti, ma pian piano si è sciolta in maggior fiducia in Dio, in noi stessi e negli altri fino a diventare provocazione ad assumere uno sguardo e uno stile di vita più aperto e speranzoso. Che continui, cari confratelli, questa serenità che non nasconde i problemi, ma li vive con la certezza che non si è soli a portarli avanti, specie nella seminagione dei frutti capitolari che farete all’interno delle vostre comunità.

  • La Parola di Dio ascoltata mi offre la opportunità di due riflessioni che vorrei diventassero augurio per tutti i confratelli della Provincia Sacro Cuore, per i Laici che con voi stanno vivendo l’esperienza della missione caritativa, animati dallo stesso carisma guanelliano e per tutti i destinatari della nostra missione, qui rappresentanti da alcune unità.

Mi è piaciuto che in Capitolo sia emerso che bisogna coinvolgere di più anche i nostri destinatari nella esperienza della programmazione e della verifica della missione della Casa.
Nella Prima Lettura di San Paolo a Timoteo abbiamo ascoltato questa forte e convincente esortazione che oggi anch’io a nome del Signore e del Fondatore faccio a tutti voi:
Figlio mio, davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.
E’ un ordine, un imperativo che Paolo può fare perché vuol bene a Timoteo e perché vuole il bene di Timoteo suo figlio nella fede.
Lo pronuncia questo comando prendendo come testimone Dio, origine e fine di ogni cosa creata, di tutto ciò che accade di bello e di grande sulla terra. Dio sta infatti all’inizio di tutto il creato, uscito dalla sua fantasia creatrice, amorosa, premurosa nei confronti dell’uomo, creatura a Sua immagine e somiglianza.
Lo fa ancora davanti al testimone esemplare che si compromette con Dio per la salvezza di ogni uomo: a Gesù Cristo. Non ad un parolaio di turno, un profeta improvvisato, ma a Colui che ha dimostrato fedeltà alla sua missione attraverso il sacrificio di se stesso sulla croce. Tutto in Lui è stato infatti compiuto per obbedienza al Padre!
Cosa può ordinare, davanti a questi due grandi testimoni, Paolo, al figlio Timoteo: di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento. Quale comandamento: quello dell’amore, della carità, della obbedienza a Dio, dell’apertura incondizionata a LUI sopra tutto e tutti e al prossimo come a se stessi.
E questo comando non è solo per un tempo, una stagione, riguarda tutta la vita, fino alla manifestazione del Signore, fino al termine della esistenza. Una radicalità e totalità che è propria della Vita consacrata. Tutto e per sempre!
Avviene oggi la stessa cosa per noi dopo aver celebrato il Capitolo provinciale e aver ribadito anche con forza gli stessi valori fondamentali di un consacrato: la centralità dell’amore al Signore Gesù, l’amicizia con Lui, l’ascolto orante della sua Parola, la preghiera personale e comunitaria, la testimonianza profetica della sequela, la conduzione delle Opere partendo dal chiederci se Dio ci ha benedetto in quell’Opera e continua a benedirci; tutti questi valori costituiscono il primo aspetto fondamentale della nostra vita consacrata che esercita un fascino irresistibile su di noi e su chi ci vive accanto. Noi siamo chiamati a essere con Gesù, a essere come Gesù, a essere Gesù. Senza l’amore al Signore Gesù la nostra vita si spegne e si inaridisce; l’amore a Gesù è un fuoco che va continuamente alimentato. Dal “tutto per Gesù” si origina necessariamente il “Gesù per tutti”.
Il Fondatore questa mattina, nell’anno del 10 anniversario della sua canonizzazione cosa ci vuol dire? Cito, senza commento, alcuni suoi testi significativi: Nel manoscritto del 1911 che noi proclamiamo il giorno della nostra professione religiosa troviamo: “Tutto ci è parso inadeguato di fronte alla conoscenza e all’amore di Cristo; per lui abbiamo lasciato ogni cosa, desiderosi di vivere e di morire non di altro che della sua carità”. E’ vero no? Per tutti?
Un anno prima nel Regolamento del 1910 ci aveva ricordato: “Nel dedicarci con tutte le forze al compimento di questa missione di carità troviamo la nostra via di santificazione e di merito” (R. 1910) e ancora cinque anni prima, nel Regolamento del 1905: “Occorre dare mano, mente e cuore, fino a farsi vittima per i poveri di Gesù Cristo, perché è scritto che il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle” (R. 1905).
Anche lui, come Paolo a Timoteo, ci comanda questo stile di vita e questi comportamenti concreti perché ci vuole bene, perché sa che essi sono il nostro bene.

  • La Pagina Evangelica ci ha presentato invece la parabola del seminatore che esce di buon mattino a seminare. Sappiamo, dalla spiegazione che lo stesso Gesù fa ai discepoli, il significato e su questo non mi soffermo.

Invece mi domando: quale messaggio don Guanella ci offre questa mattina, quasi a commento di questa parabola. Mi è sempre piaciuto un suo scritto, riportato al termine del testo delle nostre Costituzioni, dove si tocca con mano che siamo tutti chiamati, siamo tutti consacrati, siamo tutti mandati ma con modalità diverse, non c’è una misura uguale che tutti devono raggiungere, per ognuno Dio ha stabilito un tempo e una capacità disuguale da quella degli altri, ma comunque sempre di pienezza per ogni singolo chiamato. Andate poi a leggere con attenzione questo passo del Regolamento del 1910 riportato anche al n. 149 delle nostre Costituzioni: “Certamente ognuno è obbligato a osservare la Regola con puntualità, secondo il grado di conoscenza che ne apprende, secondo il grado di virtù che può possedere e, più di tutto, secondo il grado di grazia che può ottenere da Dio”. C’è un principio per tutti da osservare, ma con modalità, tempi e capacità diverse. La perfezione è diversificata secondo le capacità di ognuno. Quello che è perfezione per me, il 100% evangelico, per altri è diverso, ma sarà sempre e comunque per ognuno il massimo proporzionato alle sue possibilità e capacità. E’ la sua sensibilità di padre nei nostri confronti. Il seme del seminatore arriva a tutti e da per tutto, accoglierlo è un dovere per tutti, misurabile però con le nostre capacità umane, di virtù e di grazia che ci aiutano a farlo fruttificare il meglio possibile..
Vedo nella vita fraterna delle nostre comunità la capacità di sostenerci l’un l’altro nella attuazione di questo programma e dovere. La fraternità sperimentata nella comunità è un aspetto fondante della nostra vocazione; essa ha un forte impatto sui giovani e sui laici nostri partners nella missione, sulle famiglie, sulla famiglia guanelliana, sulla chiesa locale e nel territorio. La profezia della fraternità nella vita religiosa (programma già lanciato dalla Novo Millennio Ineunte), voi l’avete ribadito nel Capitolo, resta ancora una priorità perché purtroppo troppo debole nelle nostre Case. Ciò ci domanda di avere una comunicazione autentica tra confratelli, di costruire relazioni di qualità, di vivere e lavorare insieme, di superare l’individualismo, di promuovere l’altro ai valori eterni. Che compito il Capitolo ci affida confratelli! Coraggio! Non abbiate paura…ce la faremo!

  • Termino sempre usando le parole del Fondatore per ringraziare questa Provincia Sacro Cuore, nei suoi Superiori e Confratelli, per il buon cammino compiuto in questi anni. Le sue parole sono senza dubbio migliori delle mie.

Scrive don Guanella nel 1914 in una delle sue ultime lettere alla Congregazione: “Io sono lieto e vi ringrazio, o buoni Servi della carità, delle doti egregie, dell’attività edificante, che dedicate al bene della nostra Opera. Auguro che cresciate in aumento di spirito religioso e di virtù ad un desiderato consolidamento ed espansione dell’Istituto, auguro che con la vostra buona volontà, con una più estesa applicazione delle vostre Regole e con un più intimo affiatamento vicendevole, resi possibili dal vostro crescere in numero e quindi da un minore assorbimento nelle cure materiali, possiate e possiamo, nei frutti di un impulso più gagliardo di santità personale, della giocondità d’una santa convivenza, di una fecondità consolante di lavoro, gustare pienamente il “quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum”.
Possa l’intercessione di don Guanella ottenerci tutti questi doni e anche l’aumento in numero dei confratelli che ci sembra così preoccupante. Ne abbiamo parlato poco in Capitolo ma il tema delle vocazioni ci deve scuotere e impegnare di più.
Grazie a tutti voi per questi giorni e buon Capitolo nella fase della ricaduta delle sue attese nelle vostre singole comunità. E’ il compito che il Fondatore ci affida da oggi. Auguri!

Padre Umberto