
Neste dia 16 de outubro, às 9h da manhã no Santuário Basílica da Medianeira em Santa Maria-RS, tivemos a celebração da Santa Missa de ação de graças pelos 70 anos da presença dos Servos da Caridade no Brasil e foi transmitida para todo o Brasil pela Rede Vida. A Missa foi presidida pelo bispo da Diocese de Barra do Garças-MT, Dom Protógenes José Luft (Servos da Caridade) e pelo Bispo da arquidiocese de Santa Maria-RS Dom Hélio Adelar Rubert e por sacerdotes, irmãos Servos da Caridade, Irmãs Filhas de Santa Maria da Providencia, Guanellianos Cooperadores, educadores e alunos das escolas Guanellianas de Santa Maria, juntamente com a comunidade local.Em 1947 a história do carisma de São luís Guanella chegou ao Brasil em Santa Maria-RS com dois coirmãos Servos da Caridade vindos da Itália e lançando em terras brasileiras as primeiras sementes da obra de caridade. Atualmente os Servos da Caridade estão presentes no Brasil em seis estados e o DF . Rio Grande do Sul, Paraná, São Paulo, Rio de Janeiro, Mato Grosso, Pernambuco e Brasília

Don Guanella lasciò ai suoi figli l'impegno di sviluppare e perfezionare le sue opere, seguendo la linea tracciata. Le necessità non sono diminuite; anzi, i motivi e i casi che chiedono il nostro aiuto crescono sempre più; per molte famiglie, specialmente, è divenuto difficile o impossibile lasciare in casa l'invalido, il cronico, l'anziano, quando tutti i familiari devono esser assenti l'intera giornata per i propri impegni. Mille casi diversi battono alle nostre porte; e vorremmo non dire mai di no a tante miserie e a tanti dolori. Forse la nostra fede non è grande come i nostri desideri, se non ha saputo — questa fede che può muovere le montagne — innalzare tanti edifici per ciascun genere di dolori: per i cronici allettati e i minorati fisici, per i minorati psichici, per gli epilettici, per gli anziani di condizione più umile, più adatti e più inclinati a una forma più collegiale; per gli anziani soli, di condizione più distinta, con le esigenze che una professione svolta lungamente ha lasciato in loro e delle quali la carità deve preoccuparsi. Qualcuno ci chiede anche degli appartamentini per coniugi anziani, che pure hanno bisogno di cure e vigilanza e che sarebbe inumano dividere in quegli ultimi anni. Ci sentiamo ancora lontani dall'ideale proposto dal Fondatore: avere cuore e posto per tutti. Ne manteniamo tuttavia le limitazioni imposte fin dal principio: vengono escluse le persone di incorreggibile immoralità e gli alienati furiosi, per i pericoli che comportano; quelle colpite da malattie contagiose o da malattie acute, cui provvedono gli ospedali; normalmente non accogliamo neppure ammalati cronici ormai vicini alla morte: è dovere della famiglia assistere i propri cari, confortandoli in quegli ultimi momenti.
« Noi abbiamo un tesoro — ci ha detto il Fondatore — : i nostri vecchi. Lo sono religiosamente, poiché assomigliano di più a chi disse di sé: ego vermis et non homo. L'infermeria si può ben dire Casa od Ospizio di Dio, perché in essa si ricoverano i poveri infermi, che sono l'immagine più reale di Gesù Cristo. Attendete a confortare la miseria degli ammalati cronici e dei bisognosi con grande amore, perché essi ci manterranno le benedizioni celesti ».
Ma don Guanella ebbe ancor giovanissimo la persuasione di dover fare qualcosa per i poveri, specialmente invalidi o vecchi. Raccontò una « illusione o visione » avuta tra i cinque e sei anni, nella festa di S. Giovanni Battista, patrono della parrocchia. Stava per nascondere entro un fascio di legna un cartoccio di dolci per non doverli portare in chiesa, quando udì un batter secco di mani: e si vide davanti un vecchietto che gli tendeva le mani. Allungò il braccio per nascondere i dolci e rialzò gli occhi, pieno di timore: il vecchio non c'era più. Ne sentì gran pena e quasi rimorso; e non dimenticò più « quel vecchietto mingherlino; la pietà degli occhi e lo stender delle mani. Dite quello che volete, credete o non credete, questo è stato per me un segno della mia missione di beneficare i poveri, alla quale fin d'allora già mi sentivo chiamato ».
Divenuto chierico, saprà sacrificare interi mesi di vacanza per assistere vecchi e malati, studiando egli stesso certi rimedi vegetali su apprezzati testi di botanica medicinale. Lasciò le sue vallate alpine con l'animo pieno di predilezione per i miserabili, i disgraziati, gli invalidi, i vecchi, costretti a trascinare l'intera vita, o gli ultimi anni, in lacrimevole stato, come se non avessero in cuore anch'essi per soffrire, una missione da compiere, un'anima da rendere a Dio. Chiamarli « vecchi » non è bello e neppure esatto. Nel suo Regolamento, il Fondatore parla di « adulti bisognosi di ricovero » per motivi diversi: scarsità di mente, scarsità di forze fisiche e di salute corporale, incapacità di provvedersi il pane quotidiano, infine per età avanzata. Non dimenticava altre necessità più nascoste e spesso ugualmente dolorose: « Uomini decaduti da alta condizione, o di condizione semplice o professionale, nubili o vedovi senza famiglia, i quali si ritirano per bisogno, o per bisogno insieme ad amor di quiete, o per buono spirito di religione, o perché spinti da parenti o da circostanze imperiose ». Per tutti questi organizzò forma di assistenza più adatte e delicate, sotto il nome di pensionati. Per tutti lasciò norme educative, semplici ma preziose, e su alcune amò insistere: non allontanare queste persone dai luoghi di origine, ma raccoglierle e assisterle nei luoghi stessi cari al loro cuore e alla loro vita; fare attenzione ai difetti più comuni: sono persone permalose, schizzinose, incerte, malinconiche, facili ai lamenti, anche facili alle malignità se hanno avuto una vita corrotta; così elencava le loro buone virtù notate in tanti anni di esperienza; e insisteva perché fossero stimolati, anche con qualche ricompensa, a un lavoro proporzionato alle loro capacità: di giardinaggio o di colonia agricola, di facile costruzione di sedie e di canestri, e simili. Il suo scopo era di far sorgere in tutti i cuori la felicità, concedere un piccolo anticipo di paradiso. Si dice che i vecchi non sanno più ridere, occupati e preoccupati soltanto di sé. Don Guanella, quand'era coi suoi poveri, rideva di gusto e trovava facezie e buone parole per richiamare il riso anche sulle labbra dei più sofferenti. Giocava con loro, come si prestava con semplicità a render loro i più umili uffici di soccorso e di pulizia, con tanta cura che sembrava trattare nelle sue mani le carni sacrosante di Gesù Cristo; li chiamava « i nostri signori poveri ». Potè egli stesso osservare il risultato e farlo notare a qualche critico che riteneva impossibile tener unite tante persone senza ricorrere alla forza, a chissà quali costrizioni e violenze: « Nelle nostre case sono oltre cinquecento ricoverati; non sono legati che dal vincolo di carità: nessuno cerca di uscire, molti domandano di entrare, ed ognuno si trova a suo agio ».
Ma proprio qui nasceva l'obbiezione più facile: raccoglieva troppe miserie, la sua opera diventava un'arca di Noè, come scriveva un amico giornalista, da qui un certo disordine nella situazione. Ma vorremmo mormorare anche contro lo Spirito Santo che dava ai primi cristiani di Corinto tante grazie che essi non riuscivano neppure più a conservare un certo ordine? Don Guanella lasciava dilatare la carità che lo pressava; non sempre otteneva il meglio: «Ma l'ottimo è nemico del bene: importante è fare ».
E diceva con ironia a certi critici:« Uomini di buona volontà, non vi smarrite; date in abbondanza e in maggior abbondanza vi sarà la proprietà che desiderate » .
(da, "Gli 'Ultimi', i primi della sua missione" - Don Piero Pellegrini)

Estimados,
terminamos el Capítulo provincial, con el almuerzo junto con los abuelos/as del Hogar y con las Hermanas; y a las 15 horas con la Santa Misa de clausura.
Elegidos para el Capítulo general: P. Sergio Rojas y P. Nelson Jerez.
Sustitutos: P. Sebastián Bente y P. José de Jesús Fariña.

Estimados. hemos comenzado el Capítulo provincial en Tapiales, con mucha serenidad y ganas de trabajar. Moderadores: P. Sergio Rojas y P. José de Jesús.
Secretarios: P. Sebastián Bente y P. Wilson Villalba.
Escrutadores P. Sebastián Aguilera y P Eladio Adorno.
Somos 18 Capitulares y tres invitados especiales.
Mandó saludos la Hermana Irene y nos acompaña, P. Alfonso de México, P. Mauro de Brasil y P. Ciro de Roma.
Monseñor Giobando nos dio una reflexión introductoria y presidió la Misa.
P. Carlos leyó el Informe provincial y ahora se trabaja en grupos.
Unidos en la oración.
P. Carlos

Lo spirito della missione
Personalmente don Guanella era austero, rigido, ma dolce verso gli umili e i poveri; energico e perfino autoritario, ardente e fatto per rompere gli indugi e dissipare le difficoltà, ma paziente e benevolo, accondiscendente verso chi capiva avere un andatura più lenta della sua; non solitario, ma reso convinto dalle sue tradizioni montanare del bene della solidarietà; era anzi amico cordiale e lieto; aperto a ogni persona e convinto che anche la più grezza o difficile nascondesse tesori preziosi e bellezze da valorizzare. La sua scoperta interiore fu la salda convinzione della paternità di Dio; il grande principio della teologia cristiana fu per lui una rivelazione personale e una esperienza di vita: un Padre buono che ama e che vuole salvare ogni uomo da ogni miseria morale, fisica e materiale.
Anzi, all'uomo è concesso di partecipare a questa paternità, come trasmissione di amore, di vita, di salvezza, non come favore o privilegio ma come dovere gioioso: padre e fratello di tutti come Gesù Cristo immagine del Padre fra noi e primo dei fratelli. Prese quindi come insegna una croce col cuore e il motto agostiniano: « in omnibus carìtas »: l'amore soprattutto! Il significato è evidente: donazione della vita per dare vita e speranza nuova di salvezza spirituale e materiale che giunga a tutti, senza dimenticare nessuno, anche e soprattutto l'handicappato, l'anziano, l'abbandonato, ricostruendo ognuno come persona e figlio di Dio. Posto tra il Padre e coi fratelli, don Guanella si sa collegare a Dio con una intensa motivazione di fede: « pregare », come un saper intendersi col Padre, colloquiare in lunghe udienze o inviargli un sorriso frequente di invocazione, e vivere fiducioso, abbandonato alla sua Provvidenza: « ama e sii beato! ». Ma poi è urgente rivolgersi subito ai fratelli, movendosi con la stessa vivacità di amore, la pietà verso Dio non deve essere un mantello per contrabbandare inerzia o egoismo, occorre riflettere l'amore del Padre, ricostruire una famiglia cordiale, dove a nessuno incolga male di sorta e ognuno, nel cammino della vita, approdi a meta felice. Ma senza illusioni: occorre saper gustare la bellezza della donazione, del sacrificio che genera la vita; con realismo concreto afferma la legge del « patire »; ogni opera buona nasce tra le difficoltà e i contrasti, « fame, fumo, freddo, fastidi », scandiva nel suo efficace parlare lombardo: quattro F, o, se si vuole, una V: vittima, vittima d'amore. Era l'alfabeto che insegnava ai suoi Servi della Carità. E a questi dava poi norme precise: anzitutto quella di impegnarsi direttamente e personalmente, di mano propria, con molta cordialità e semplicità: «martorelle» erano le sue suore, giocando sulla assonanza del termine lombardo (= uomo d'appoco) con il greco (= martire, testimone); « asinelli » erano i suoi preti ed egli, « padre degli asinelli », scriveva: « Ti mando due asinelli, prepara una buona stalla! ».
Tutto questo in un ambiente di povertà religiosa; aveva vissuto il tempo delle soppressioni degli ordini religiosi e dell'incameramento dei beni; specialmente aveva vissuto la povertà, comprendendo come questa debba essere condivisa seriamente col povero, per percorrere assieme un cammino di progresso. I fratelli, i poveri, entrano in questa famiglia con la speranza di ricostruirsi una vita, ma senza falsi salti in avanti o cambi gratuiti di condizioni o di stato; restano poveri a cui è offerto la possibilità, cioè i mezzi adatti per recuperare ritardi sociali, economici e anche psichici: entrano in un'azienda autonoma, fondata sul lavoro
personale e sulla solidarietà di molti amici, imparano come si costruisce una vita e ci si provano, se sono giovani. Se anziani, cercano la gioia di ritrovarsi fra gli amici che sanno preoccuparsi ancora di loro, di sentirsi ancora al centro di interessi personali, di dimenticare un poco l'amarezza per una società che tentava di scaricarli naufraghi, di riprovare forse ancora la sensazione di essere ancora utili a qualcosa e morire con una speranza. (da, "Gli 'Ultimi', i primi della sua missione" - Don Piero Pellegrini)

“Camminando in comunione, abbracciando le differenze”
Questo il tema della ‘tre giorni’ di riflessione, preghiera e scambio di concrete esperienze interculturali che ha visto radunati a Fraciscio dal 3 al 5 ottobre 18 confratelli di voti perpetui di origine africana e indiana che vivono e lavorano nelle nostre comunità in Europa e Israele
Un ritrovarsi insieme nella casa natale del Fondatore non solo a respirare l’aria delle nostre origini ma soprattutto a ravvivare la consapevolezza, gratitudine e responsabilità di condividere una comune vocazione che ci raccoglie in unità sul fondamento del vangelo e del carisma guanelliano, spalancandoci l’orizzonte di una missione universale.
Il radunarsi attorno allo stesso focolare, il ripercorre insieme i sentieri del nostro Santo hanno favorito nei confratelli convenuti l’ascolto e la condivisione franca e ad un tempo serena dei tanti valori ma anche delle immancabili fatiche e sfide che il cammino verso l’ideale dell’interculturalità comporta.
Dall’incontro di Fraciscio sono emerse concrete proposte sul come aiutarci a crescere nella direzione di una più vivace comunione fraterna e missionaria che chiama in causa tutti i confratelli della variopinta geografia della Congregazione. Stimolanti e impegnativi alcuni suggerimenti riguardanti l’area della formazione, l’inculturazione del carisma nella missione, la preparazione a vivere in comunità interculturali e lo spirito missionario da esprimere e diffondere ad intra e ad extra.
Insomma: un cantiere aperto, una strada aperta con un percorso tracciato.
Un cammino che il prossimo XX Capitolo Generale si accinge a verificare e riproporre con slancio in sintonia con il magistero di papa Francesco, come risposta profetica alle sfide del nostro tempo e in accordo con il sentire e la testimonianza di vita del nostro Fondatore.

Caminata del cinco de octubre, en agradecimiento a la comunidad de Caaguazú por el apoyo a la inclusión y en defensa de la familia Organizada por Obra Don Guanella Caaguazú.

Con il canto del Veni Creator Spiritus si è aperto il XVI Capitolo della Provincia Romana San Giuseppe dei Servi della Carità-Opera don Guanella!
Accompagnamoli con la preghiera!
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