La Quaresima è un tempo “forte” tutto orientato verso la Pasqua, cuore e vertice dell’anno liturgico.
Di origini antichissime, essa si è andata storicamente sviluppando attorno al suo duplice carattere di preparazione e di “memoria” del Battesimo e di tempo penitenziale.
Per molti, per i più forse, l’idea della Quaresima è rimasta legata a qualche atto di mortificazione personale, alle cenere il mercoledì iniziale, tutto distaccato dal resto della vita e dal contesto comunitario.
Essa invece è, nel suo insieme, un itinerario di fede, di penitenza e di carità per tutto il popolo di Dio.

A. Come Itinerario di Fede: la Quaresima fa ripercorrere le tappe del cammino “catecumenale” attraverso la catechesi e un più assiduo ascolto della Parola di Dio proposta alla comunità secondo un disegno pedagogico graduale e progressivo. E’ come se la comunità ridiventasse ancora “catecumena” per giungere poi a riproclamare nella gioia la professione di fede, dopo aver di nuovo rinunciato agli “idoli” e alla logica del peccato e scelto Cristo come unico Signore (Es. dell’Esodo percorso dal popolo ebraico).
E’ questo il significato profondo di quanto la liturgia della notte di Pasqua domanda con la “rinnovazione delle promesse battesimali”.
Si tratta infatti di camminare “in novità di vita” attuando il comandamento nuovo dell’amore verso Dio e verso il prossimo.

B. Come itinerario di Penitenza: ha il suo solenne inizio con l’imposizione delle ceneri. La Quaresima è definita da A. Schmemann: “una scuola di pentimento”, che educa a riconoscere il proprio peccato sia come singoli che come comunità; non solo a riconoscerlo, ma anche a portarvi rimedio.
La penitenza quaresimale non può quindi limitarsi ad essere “interna ed individuale”, deve essere anche “esterna e sociale” (cfr. Sacr. Concilium, 110).
Lo esige pure il dovere della riparazione sia dei peccati sociali che delle conseguenze che i peccati personali producono nella chiesa e nella società.
Infatti i peccati sociali quali, ad esempio, i peccati contro la vita (aborto, eutanasia, omicidi, guerre…); le ingiustizie ai diversi livelli, l’inquinamento dell’ambiente naturale, la sottrazione di risorse che provocano la fame nei paesi del Terzo mondo, il consumismo, la pura logica del profitto nell’economia…la corsa agli armamenti, ecc. per essere sradicati esigono risposte collettive proporzionate, che solo un cambiamento di mentalità (conversione) e di cultura ispirate al Vangelo ed un largo coinvolgimento possono assicurare.
In questa prospettiva la Quaresima assume il carattere di “un digiuno grande e generale” come dice S. Agostino, che comporta rinuncia al peccato (egoismo) e ai suoi frutti e specialmente apertura ai bisogni dei fratelli, ai quali viene destinato ciò di cui ci si priva, secondo l’antica logica cristiana del “privarsi per condividere e per assumere”, già espressa nel “noi digiuniamo e doniamo” di S. Agostino.
Il digiuno inoltre libera dalla invadenza di ciò che è materiale per ridare il primato a ciò che è spirituale(“non di solo pane vive l’uomo”) favorendo un atteggiamento di distacco e di mortificazione anche del corpo che ha nell’astinenza delle carni dei venerdì e nel digiuno del mercoledì delle ceneri e del venerdì santo, una indicazione ed un segno per tutta la comunità.
Anche il sacramento della penitenza va celebrato collocandolo in questo cammino di revisione di vita e le opere di misericordia, che ne sono la conseguenza , rivestono la forza di un gesto di riconciliazione che restituisce il maltolto ai poveri, ai deboli e ai dimenticati,. Facendo uguaglianza là dove c’è stata ingiustizia, sopraffazione e indifferenza.

C. Come itinerario di carità alimentato dalla Parola di Dio che di continuo richiama la comunità cristiana riunita in assemblea ai diritti “dello straniero, dell’orfano e della vedova”, la Quaresima riveste il carattere di tempo destinato all’esercizio delle opere di giustizia e di carità.
“Qual è, infatti, il digiuno che gradisco –dice il Signore- se non spezzare le catene inique, rimandare liberi gli oppressi, accogliere il forestiero…”, cui fa eco la parola di Pietro “vergognatevi voi che trattenete le cose altrui, imitate piuttosto la bontà divina e così nessuno sarà povero”.
Solo i gesti concreti dimostrano che la parola di Dio sta cambiando la logica della vita dei credenti. E la cambia misurandola sull’attuale situazione sociale, che attende una risposta adeguata ai gravi problemi che la travagliano, secondo una linea di “missionarietà che ama la gente povera” e che ha il coraggio di donarsi senza riserve.
Questo impegno di testimonianza diventa realizzabile ad una condizione e cioè che la comunità si dia il tempo e gli strumenti per vedere, riflettere e agire.
Di qui l’urgenza di pensare anche ad un “osservatorio permanente delle povertà” in grado di offrire quei dati che riflettono “le dinamiche dei problemi della gente in ordine ad un coinvolgimento sistematico della chiesa locale” (Cfr. posizioni della Chiesa Italiana dopo i grandi Convegni ecclesiali nazionali; Enciclica di Benedetto XVI Caritate in Veritate).
Così il pane eucaristico spezzato sulla mensa dell’assemblea conduce la comunità a “spezzare la propria vita” per farne dono, secondo la misura della carità concessa a ciascuno dallo Spirito di Dio.
Maria, figura della chiesa, contemplata accanto alla croce di Cristo sollecita anch’essa la presenza della comunità ai piedi delle infinite croci degli uomini per recare il conforto e il rimedio dell’amore, ma anche per apprendervi nuovi insegnamenti.