Un’insegnante presenta ai suoi alunni in modo originale la Giornata della disabilità. Con il film Ho amici in Paradiso ottiene un risultato a sorpresa

di Anna Maria Palocci  

Lo scorso 3 dicembre 2024 è stata la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Quel giorno nella scuola IC Fontanile Anagnino di Roma, dove sono insegnante di italiano alle Medie è stata interrotta la didattica ordinaria per svolgere attività di vario genere, relative a quel tema. Per arricchire il percorso didattico intrapreso, ho provato a mettermi alla ricerca di un film che potesse raggiungere i miei alunni, uscendo dai cliché abituali del pietismo o del buonismo, con cui sono abituati a vedere i disabili (nella migliore delle ipotesi!).

Anzi, ai più arrabbiati non raramente capita che si mettano alla ricerca di un debole da prendere in giro, su cui scaricare il proprio disagio e il bisogno di avere un ruolo dominante. 

La ricerca mi ha condotto a scoprire il film Ho amici in Paradiso, di Fabrizio Maria Cortese. In un clima di svogliatezza e di scetticismo, con cui i ragazzi solitamente iniziano la prima ora di lezione e spesso finiscono l’ultima, sempre con l’orecchio teso al suono della campanella, questo film è stata una sorpresa, perché ha creato una breccia di dolcezza e di bontà e uno sguardo diverso, è riuscito a catturare l’attenzione dei ragazzi e a trasportarli nella realtà rappresentata, simpatizzando con i personaggi del film. 

Molto azzeccata è stata la scelta dell’ambientazione nell’Istituto Don Guanella di Roma e ancor più geniale la scelta di attori-ospiti della stessa Casa di riabilitazione. Sono proprio loro i veri protagonisti della scena con tutto il proprio essere; paradossalmente sono attori senza finzione. Il regista ha sviluppato una storia brillante, divertente e anche commovente, riuscendo a far “recitare” alcuni ospiti della Casa. Da qui prende forza il film, tra la leggerezza degli episodi e la “toccante” visione della condizione di disabilità, mentre i personaggi agiscono con spontaneità e simpatia.

Sono riuscita lentamente a far presa sui miei alunni spettatori suscitando interesse, empatia, comprensione, compassione. Li vedevo ridere delle battute, dei gesti, delle azioni, ma anche rattristarsi delle sofferenze degli “attori”, del dolore che li attraversava. Non è cosa facile riuscire a comunicare amore, rispetto, delicatezza nell’incontro con l’altro, soprattutto se diverso, soprattutto se si tratta dei più fragili messi di fronte a ragazzi di tredici anni, abituati a ben altri modelli. 

Nei commenti che ho richiesto loro dopo il film, un’alunna ha parlato di un episodio in cui il protagonista, Felice Castriota, subisce abitualmente da uno dei personaggi il dispetto di vedersi gettare gli asciugamani a terra. Sembrava un episodio banale; invece, quello diventerà il punto di svolta per Felice, che sarà condotto a comprendere il modo più adatto di rapportarsi con quei ragazzi. Felice infatti progressivamente si rende conto di cosa voglia quel ragazzo, che non sopporta il suo atteggiamento di distacco ma desidera, invece del sapone, la sua attenzione. 

Altri alunni hanno posto l’attenzione sulla profonda amicizia che Felice vive con un altro personaggio, Antonio, la sua voglia di allietare le giornate realizzando uno spettacolo teatrale e insegnando a recitare. Altro punto che ha colpito i miei alunni è come i disabili siano riusciti a unirsi, per affrontare una divertente ma pericolosa avventura e così salvare la vita dei loro amici da una banda di criminali. 

Insomma, il film Ho amici in Paradiso ha aiutato i miei alunni a guardare con occhi diversi i protagonisti. Si sono accorti come anche i ragazzi disabili siano innamorati della vita, abbiano passione per la lettura, provino entusiasmo di ritrovarsi insieme a mangiare, piacere e orgoglio nel riconoscersi attori, con una voglia nascosta di “vendicarsi” dell’indifferenza altrui, forse anche del disprezzo che sentono e respirano intorno a loro. È sorprendente come ogni situazione nel film sia vissuta da loro con un’ingenuità tenera e commovente che li rende unici, capaci d’insegnarci a essere buoni, di desiderare e saper offrire un’amicizia autentica. 

La semplice visione del film ha contribuito a generare nei miei alunni «gli anticorpi contro una cultura che considera alcune vite di serie A e altre di serie B», secondo la nota affermazione di papa Francesco.  Al termine la realtà dei disabili era divenuta interiormente la nostra stessa realtà, dove ogni persona con disabilità non si accontenta semplicemente di esistere, ma chiede soprattutto di appartenere a una comunità. Nel film gli assistenti, ma anche i disabili sembrano congiungersi in una sola umana dimensione, senza scarto o distinzione. La scena finale viene a sigillare questo sentire comune, quando tutti si ritrovano in uno scambio corale di abbracci.

Il film è piaciuto molto e nei miei desideri rimane la speranza che i miei alunni portino impressi quei volti e quelle storie nei loro incontri, nelle scelte lavorative e ricreative che vivranno in futuro.