Esortazione appassionata ai giovani di padre Vitus Unegbu, che ha partecipato alle giornate di Roma lo scorso agosto. Di origine africana, porta nel Consiglio
generale dei guanelliani la voce del suo continente
di padre Vitus C. Unegbu, consigliere generale
Il Giubileo dei Giovani, celebrato nel mese di agosto, è stato un evento di straordinaria portata, contrassegnato dalla presenza di più di un milione di giovani, culminato con la veglia e la celebrazione eucaristica con papa Leone sulla spianata di Tor Vergata. Nelle strade di Roma i giovani sono stati pellegrini gioiosi e appassionati, mentre a Tor Vergata la loro esperienza di fede si è fatta unità e condivisione.
Questo Giubileo è stato più di un semplice evento religioso. È stato un dono dei giovani alla Chiesa e alla società, un’occasione per gli adulti di sorprendere in ciascun giovane una grande capacità di sognare e di agire. La scomoda sistemazione a Tor Vergata ha reso ancora più evidente la loro grande sete di senso e la loro capacità di adattamento, perché i giovani non hanno badato a fatiche e disagi. Nonostante la leggera pioggia nelle prime ore del mattino di domenica 3 agosto, centinaia di migliaia di giovani sono rimasti all’aperto, chi nei sacchi a pelo, altri cantando inni e pregando a piccoli gruppi.
Un particolare apprezzamento e ringraziamento va ai giovani guanelliani, che hanno partecipato al Giubileo con entusiasmo e passione. Grazie per il vostro spirito di sacrificio, che avete manifestato in più di un’occasione, in particolare per le vostre faticose camminate di tre o quattro ore e per le notti in cui avete dormito all’aperto. Ho scorto in tutti voi uno spirito che mai si arrende.
Colgo l’occasione per esprimere la mia gratitudine ai confratelli guanelliani, don Salvatore Alletto, don Tommaso Gigliola, don Lillo Di Rosa, don Enzo Bugea Nobile e ad alcune suore guanelliane, per il prezioso servizio in quei giorni trascorsi con i giovani. Vorrei anche ricordare tutti i giovani guanelliani in Europa, America, Asia e Africa, Oceania, che certamente avrebbero desiderato essere presenti a questa grande occasione, ma sono stati impediti dalla distanza o da altre circostanze impreviste. Vi abbiamo ricordati tutti! E posso ben supporre che anche voi abbiate partecipato con noi da lontano.
Cosa deve lasciare questo Giubileo? Avete partecipato a questo evento con passione, dimostrando la vostra fede in Gesù Cristo; ora lasciate che i valori proclamati in questi giorni diventino compagni nel vostro cammino. Fate in modo che la dedizione e la gioia vissute non finiscano col Giubileo.
Lasciate che l’incontro con papa Leone vi renda seguaci di Cristo per tutta la vita. Unisco la mia voce a quella di Everett Fritz, scrittore e testimonial della fede: «Se un giovane diventa un seguace di Cristo per tutta la vita, queste abitudini saranno probabilmente visibili nella sua vita, con una crescita intenzionale nella virtù e nel servizio». Pertanto, cari giovani, fate in modo che questi valori in voi diventino, giorno dopo giorno, abitudini visibili, gesti concreti che testimoniano chiaramente la vostra appartenenza a Gesù Cristo.
Papa Francesco, nel suo libro Dio è giovane, ha affermato con vigore: «I giovani dovrebbero vedersi come una grande famiglia e quelli che hanno successo dovrebbero aiutare gli altri. Coloro che hanno raggiunto un certo livello dovrebbero agire come guide, mostrando il cammino del bene e della forza agli altri e aiutando chi è indietro a trovare la propria via».
Il primo giorno del Giubileo, papa Leone ha esortato i giovani con alcune parole programmatiche: «Oggi inizia un nuovo cammino, un Giubileo di speranza, e il mondo ha bisogno di messaggi di speranza. Voi siete quel messaggio e dovete continuare a dare speranza a tutti». Ricordate dunque, come vi ha detto papa Leone, che voi portate un messaggio di speranza e perciò vostro compito è diffonderlo.
E nell’ultimo giorno, a Tor Vergata, il Papa ci ha ricordato: «Non siamo fatti per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un “di più” che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la possa estinguere. Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima. Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con lui verso gli spazi eterni dell’infinito».
Cari giovani, nel ringraziarvi per la vostra presenza, mi sento di dirvi: non perdete mai di vista l’invito insistente del Papa: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo. Ustedes son la sal de la tierra, la luz del mundo. Già siete sale e luce per la grazia di Dio in voi, per il Battesimo, per l’Eucarestia a cui partecipate e per il perdono che ricevete. Fate risplendere la vostra luce, date sapore al mondo con il sale che possedete! E usando le parole di san Paolo a Timoteo, suo figlio nella fede, formulo il mio augurio per voi: «Nessuno vi rimproveri per la vostra giovane età. Siate modello ai credenti nel vostro parlare e nel vostro agire, nella vostra carità, nella vostra fede e nella vostra purezza di vita» (cfr. 1 Tm 4, 12). Siate dunque protagonisti del cambiamento e della speranza. Questo è il vostro momento, che la storia vi invita a celebrare con la vostra vita.
dimedimenticatemi!»Francesco è stato chiamato alla casa del Padre e ha salutato tutti, il giorno di Pasqua, con la benedizione urbi et orbi e il “pellegrinaggio” tra i fedeli assiepati in piazza San Pietro, come un pastore buono che vuole stare in mezzo al suo gregge sino a offrire la vita.
Ci uniamo al cordoglio di tutta la Chiesa e di tante persone che nel mondo hanno saputo riconoscere in papa Francesco un uomo di Dio, un avvocato dei poveri e degli emarginati, un testimone saggio e coraggioso dei valori più grandi dell’umanità. Vogliamo anche noi far risuonare il nostro piccolo ricordo personale, riandando all’udienza che papa Francesco concesse alla Famiglia Guanelliana in occasione dell’anno centenario della nascita al cielo di don Guanella il 12 novembre 2015.
Prima di tutto ricordiamo un suo gesto che non ha bisogno di commenti. Il cerimoniale prevedeva che, al termine dell’udienza, un gruppo di rappresentanti delle Figlie di santa Maria della Provvidenza, dei Servi della Carità e dei Guanelliani Cooperatori, provenienti da varie parti del mondo, fosse ammesso al baciamano. I prescelti erano disposti nelle prime file sulla sinistra dell’Aula Paolo VI, pronti a salire sul palco, ma papa Francesco scese dall’altra parte e volle salutare una per una le persone disabili e anziane, che erano schierate sulle loro carrozzine.
Nell’incontro festoso e solenne il Santo Padre ha provato a immaginare che cosa il Fondatore avrebbe voluto dire per confermare la sua Famiglia nella fede, nella speranza e nella carità, e ha pensato a tre verbi concreti: fidarsi, guardare e affrettarsi. Trascriviamo tre brani del discorso del Papa.
«Fidarsi. La vita di don Guanella ha avuto al centro la certezza che Dio è Padre misericordioso e provvidente. Questo era per lui il cuore della fede: sapersi figlio sempre amato, di cui il Padre si prende cura, e quindi fratello di tutti, chiamato a infondere fiducia. Dio è Padre e non riesce a non amarci. Nemmeno è capace di stare lontano dai suoi figli. Se siamo distanti da lui, veniamo attesi; quando ci avviciniamo, siamo abbracciati; se cadiamo, ci rialza; se siamo pentiti, ci perdona. E desidera sempre venirci incontro».
Sentirsi figlio sempre amato, fratello di tutti, nella certezza che Dio desidera sempre venirci incontro: non è forse una bella sintesi anche della spiritualità di papa Francesco, che ha fatto della misericordia la strada maestra della nuova evangelizzazione?
«Il secondo verbo è guardare. Il Padre creatore suscita anche la creatività in coloro che vivono come suoi figli. Allora essi imparano a guardare il mondo con occhi nuovi, resi più luminosi dall’amore e dalla speranza. Sono occhi che permettono di guardarsi dentro con verità e di vedere lontano nella carità. A questo sguardo gli altri non appaiono come ostacoli da superare, ma come fratelli e sorelle da accogliere. Nel mondo non mancano mai i problemi e il nostro tempo conosce purtroppo nuove povertà e tante ingiustizie. Ma la più grande carestia è quella della carità: servono soprattutto persone con occhi rinnovati dall’amore e sguardi che infondano speranza»
Avere occhi capaci di guardarsi dentro con verità e di vedere lontano nella carità, vedere gli altri non come ostacoli ma come fratelli e sorelle da accogliere, combattere la carestia della carità: un “programma guanelliano” che papa Francesco ha vissuto in pienezza, con gesti profetici, che hanno risvegliato la Chiesa, scosso l’indifferenza di tanti e infuso speranza.
«E infine, affrettarsi... Come il Padre è delicato e concreto nei riguardi dei figli più piccoli e deboli, così anche noi non possiamo far attendere i fratelli e le sorelle in difficoltà, perché – sono sempre parole di don Guanella – “la miseria non può aspettare. E noi non possiamo fermarci fino a quando ci sono poveri da soccorrere”. La Madonna si affrettò per raggiungere la cugina Elisabetta (cfr. Lc 1, 39). Anche noi ascoltiamo l’invito dello Spirito ad andare subito incontro a chi ha bisogno delle nostre cure e del nostro affetto, perché, come insegnava san Luigi, “un cuore cristiano che crede e che sente non può passare davanti alle indigenze del povero senza soccorrervi”».
Non possiamo far attendere i fratelli e le sorelle in difficoltà! La sollecitudine del Santo Padre ha spinto la Chiesa a uscire verso le periferie, ad accogliere tutti, ad alzare la voce in difesa degli oppressi, a cercare ogni mezzo per promuovere la riconciliazione, la pace, la fratellanza.
Nel ricordo di quell’udienza uniamo alla preghiera di suffragio per papa Francesco l’impegno ad attingere luce e forza dalle sue parole, dal suo esempio e dalla sua intercessione, per vivere in modo degno la nostra vocazione guanelliana. È una fonte sicura, poiché, come ci ricorda il santo Fondatore: «Lo Spirito Santo a guisa di luce purissima rischiara la mente del Pontefice. La luce di Spirito Santo, dalla persona del Vicario di Gesù Cristo, si espande in chiarore di fiammella lucente nella mente e nel cuore di tutti i fedeli, che sono i figli devoti a colui che in terra tiene le veci del Signore e Salvatore nostro». (Il fondamento, 1885).
Il Santo Padre Francesco ci ha lasciato il 21 aprile, nell’anniversario della beatificazione di suor Chiara. Ci piace immaginarli insieme, con don Guanella e tutti i Santi, immersi nell’abbraccio del Padre, con il cuore colmo di gioia e di amore e gli occhi aperti ai bisogni dei fratelli e delle sorelle ancora pellegrini nel mondo. Ci accompagni il suo saluto al termine dell’udienza alla Famiglia Guanelliana:
«La vostra famiglia è sorta nella fiducia del Padre, sotto lo sguardo di Gesù e nelle mani materne di Maria. Vi ringrazio per il bene che fate e vi incoraggio a continuare, senza stancarvi. Vi benedico tutti con affetto. E vi chiedo per favore di pregare per me. Non dimenticatemi!».