La canonizzazione di Bartolo Longo conferma il “miracolo” vivente che
è il Santuario di Pompei. Don Guanella lo incontrò e ne resto ammirato

a cura della Redazione

Giovane avvocato di Latiano, in provincia di Brindisi (vi era nato nel 1841), Bartolo Longo come tutti i giovani pensa di costruirsi un futuro, ma alcuni eventi non previsti gli sono di ostacolo. Le vie di Dio hanno sempre un po’ di mistero per noi. È stato così anche per Bartolo.

 Nei Cenacoli di preghiera di santa Caterina Volpicelli a Napoli, Bartolo conosce la giovane contessa Marianna Farnararo, vedova del conte De Fusco, che gli affida l’amministrazione di alcune proprietà nel territorio di Pompei. Nel prendere visione di quelle terre, l’avvocato si imbatte in una situazione di estrema miseria, in cui vivono gli abitanti della zona, che comprende i ruderi della antica Pompei. Il territorio è abitato da diverse famiglie in povere casupole, che lavorano nei campi dal mattino alla sera, mentre i bambini sono abbandonati durante tutto il giorno, senza nessuna cura e istruzione; talvolta i genitori si trovano in carcere.

Un giorno Bartolo, sempre afflitto riguardo al suo futuro, mentre si trova in una contrada ai piedi del Vesuvio (oggi Via Arpaia), avverte una forte sollecitazione interiore a dedicarsi a quella gente, in quel territorio, e farvi conoscere la Madonna e il Rosario. Ciò che seguì è una lunga esperienza di fede e di iniziative coraggiose, con risonanze che ancora stupiscono.