Nel 1899 don Guanella raccomandava ai suoi religiosi: «Si studi l’indole e la storia delle grandiose opere del Cottolengo, del Bosco e simili ed allo indirizzo di quelli ognuno conformi con sicurezza lo spirito proprio». Non poteva certo immaginare che proprio lui sarebbe stato – per dirla con Dante – il terzo «tra cotanto senno» sul podio dei campioni italiani della carità tra XIX e XX secolo. Ma coglieva nel segno quando raccomandava lo studio di quelli che considerava maestri. Da allora anche le Figlie di Santa Maria della Provvidenza e i Servi della Carità hanno compiuto «opere grandiose», lungo la strada tracciata dal Fondatore.
Anche se prevalentemente dedite alle opere “pratiche” di assistenza, educazione e pastorale, le congregazioni guanelliane hanno però coltivato una particolare attenzione alla loro storia. Qui si innesta l’attività del Centro Studi Guanelliani che, seguendo le indicazioni del Concilio, da quasi 50 anni promuove studio e conoscenza del Fondatore e di quanto è scaturito dal suo carisma di carità. Oggi sono disponibili – anche in digitale – tutti i suoi scritti e il suo epistolario (circa 3500 lettere), strumenti fondamentali per entrare dentro il suo spirito. Se Don Guanella continua ad essere presente attraverso le sue due Congregazioni, oggi “fare storia” delle Opere guanelliane significa guardare non esclusivamente alla sua vita, ma anche a un’altra prospettiva, quella dei frutti scaturiti dal seme di carità che egli ha gettato nel cuore dei tanti figli che continua a generare nello Spirito.
È uscito il n. 4 di «Pagine Guanelliane», la rivista di storiografia che dal 2021 ha iniziato a scavare negli archivi per far emergere «cose antiche e cose nuove». Si apre con un ampio articolo su Aurelio Bacciarini (1873-1935), uno dei più insigni discepoli di
Luigi Guanella, primo parroco di San Giuseppe al Trionfale nel 1913, vescovo di Lugano dal 1917, che nell’Anno Santo 1925 guidò due pellegrinaggi diocesani a Roma, ai quali parteciparono 1800 fedeli ticinesi. Riccardo Bernabei e Fabrizio Fabrizi ripercorrono il contesto e lo svolgimento di quei due eventi, basandosi su fonti d’epoca e su 26 testi del vescovo, quasi tutti discorsi “recuperati” dai notes custoditi nell’Archivio del Centro Studi Guanelliani. Oltre a proporre un privilegiato punto di osservazione sull’attività pastorale di Bacciarini, l’articolo ci riporta indietro di un secolo per «offrire un minimo ma circostanziato contributo alla ricostruzione delle modalità con cui all’epoca veniva vissuto il Giubileo, pratica religiosa che da 725 anni scandisce la storia della Chiesa e segna per tutti i cattolici un tempo privilegiato di grazia e conversione».
A quello di Bernabei e Fabrizi segue un contributo di Alejandro M. Dieguez, dell’Archivio Apostolico Vaticano, che ha studiato le carte della Commissione Soccorsi della Segreteria di Stato, creata negli anni tragici della Seconda Guerra mondiale da Giovanni Battista Montini per dare assistenza e sollievo alle popolazioni colpite dagli eventi bellici. Attraverso numerosi documenti epistolari sono illustrate alcune vicende, piccole ma ugualmente significative, che videro coinvolte le congregazioni guanelliane, di cui si mette in risalto l’opera di carità e la totale, confidente devozione al papa, tra sincera gratitudine e molteplici richieste, che Pio XII e il futuro Pao-
lo VI volentieri assecondavano, certi di affidarsi a persone capaci e sinceramente dedite ai più poveri.
Nella rivista anche due religiosi, Giovanni Russo e Barbara Brunalli, affrontano gli inizi delle Opere guanelliane a Messina e a Loreto.
Nella Città dello Stretto ai Servi della Carità fu affidato nel 1966 un compito difficile: la cura pastorale di una vasta area periferica, praticamente priva di assistenza religiosa e segnata anche da profondo degrado sociale. In un decennio di lavoro intenso e capillare riuscirono a riscattare la popolazione dal punto di vista umano e cristiano, grazie soprattutto all’impegno di don Giuseppe Bellanova (1922-1978) vero e proprio apostolo guanelliano di Messina.
L’arrivo delle Figlie di S. Maria della Provvidenza nei pressi della Santa Casa a Loreto risale invece al 1927. Rilevarono un antico convento per farne un ricovero destinato a «fanciulle, giovani indigenti, inabili a qualsiasi genere di lavoro», come richiese l’insigne medico Gustavo Modena (1876-1958), direttore del manicomio di Ancona, che si impegnò per farle stabilire nella cittadina marchigiana. Le aveva già conosciute a Roma apprezzando il loro lavoro nell’Ospizio Pio X e aveva compreso l’importanza di una struttura per donne che non presentavano condizioni cliniche per essere ricoverate nei comuni manicomi o negli ospedali, ma avevano comunque bisogno di un luogo in cui essere accolte e assistite; era la stessa intuizione che aveva mosso don Guanella, fatta propria dalla pronta disponibilità delle suore che aprirono una casa di carità vicino a quella della Madre provvidente.