" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

Nato a Montagna (SO) il 22 luglio 1928
Entrato ad Anzano del Parco il 25 gennaio 1954
Noviziato a Barza d’Ispra il 1o settembre 1955
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1957
Professione Perpetua a Chiavenna il 12 settembre 1960
Sacerdote a Como il 23 giugno 1963
Morto a Nuova Olonio il 13 luglio 2018
Sepolto nel cimitero di Montagna in Valtellina

 

Ogni volta che penso a don Anselmo Gandossini e al tempo vissuto con lui nella comunità di San Ferdinando (RC), sette anni dal 1997 al 2004, mi piace ricordarlo come un «un servo inutile che ha fato quello che doveva fare» (cfr. Lc 17,10).
Il Signore, che lo ha chiamato a sé lo scorso 13 luglio, si è servito di lui per manifestargli tutto il suo grande amore e la sua infinita carità. Caratteristiche di don Anselmo furono la semplicità interiore e la schiettezza dei modi grazie alle quali riusciva ad avvicinare chiunque ma, soprattutto, due dimensioni tipiche del guanelliano, l’allegrezza di spirito e l’operosità che attuava nella quotidianità il “corri corri guanelliano”: era instancabile, soprattutto nello svolgimento dei lavori meno appariscenti, i più umili e silenziosi. Nei ricordi di vita di quanti l’hanno conosciuto, la figura di don Anselmo spicca come quella di un uomo, anzitutto religioso e poi sacerdote, che traeva tutto il suo modo di vivere e operare dalla piena felicità di essere ciò che era. Porto nella memoria affettiva dei sette anni vissuti con don Anselmo a San Ferdinando tre aspetti della sua personalità di uomo, religioso e sacerdote: esperienze evangeliche che Papa Francesco oggi continuamente propone con forza e insistenza ai sacerdoti:
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha pregato sempre senza stancarsi: aveva capito che se non rimaneva strettamente legato a Lui, la sua missione non poteva avere successo. Per questo ha sempre pregato e raccomandava agli altri di pregare;
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha camminato sempre, perché un prete non è mai “arrivato”, è pellegrino sulle strade del Vangelo e della vita, mai dovrà spegnere la salutare inquietudine che gli fa tendere le mani al Signore per lasciarsi formare e riempire da Lui;
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha saputo condividere con il cuore: essere preti è, infatti, giocarsi la vita per il Signore e per i fratelli, portando nella propria carne le gioie e le angosce del Popolo, spendendo tempo e ascolto per sanare le ferite degli altri, e offrendo a tutti la tenerezza del Padre.
A volte la sera, quando facevamo lunghe passeggiate sul lungomare di San Ferdinando, ci scambiavamo vicendevolmente confidenze. Don Anselmo nasce a Montagna, provincia di Sondrio, il 22-7-1928 da Angelo e Genoveffa Gandossini. Ultimo di quattro figli, nato dopo tre sorelle, diventa il beniamino della famiglia, il maschio tanto atteso, in grado di dare continuità al nome paterno.
Non sarà così, il Signore ha ben altri progetti su di lui: don Anselmo entra in seminario, in postulato, ad Anzano del Parco il 25-1-1954 all’età di 27 anni, fa parte della classe dei “fuochisti”, denominazione che indica le vocazioni adulte. Il primo settembre del 1955 entra in noviziato a Barza d’Ispra e dopo due anni, il 12-9-1957, emette la sua prima professione religiosa. Il 15-9-1958 inizia l’anno di tirocinio a Fara Novarese, Istituto san Gerolamo, come educatore dei ragazzi e il 12-9-1960, nella Comunità don Guanella di Chiavenna, emette la professione perpetua. Viene ordinato sacerdote nel Duomo di Como il 23-6-1963 dal Vescovo di Como, Mons. Felice Bonomini.
Subito dopo l’ordinazione sacerdotale, riceve l’obbedienza per andare prima a Milano, dal 1o-9-1963 al 1o-9-1964, e poi a Gatteo dal 1o-9-1964 al 1o-9-1965, come Assistente spirituale dei ragazzi. Successivamente riceve l’obbedienza per andare a Ferentino, dove rimane fino al 1o-9-1978 ricoprendo negli anni vari incarichi: vicario parrocchiale, parroco e, per finire, economo locale. Dal 1o settembre 1978 al 1o settembre 1985 deve guidare la comunità di Ceglie Messapica come superiore locale. Il 1o settembre 1975 per don Anselmo arriva la possibilità di dare testimonianza della sua inutilità evangelica in terra di Calabria: don Domenico Saginario, superiore provinciale in quegli anni, gli propone di recarsi a Laureana di Borrello (RC) come animatore vocazionale, la comunità religiosa di appartenenza è quella di Messina, con i cui membri condivide momenti di formazione e di incontri fraterni. A Laureana don Anselmo viene accolto dalle Figlie di Santa Maria della Provvidenza che gestiscono la scuola materna voluta da don Guanella nel 1912 ed intitolata a Domenico Lacquaniti Argirò, un dodicenne morto nel terremoto di Messina nel 1908.
Il Vescovo, Mons. Benigno Papa, affida a don Anselmo la Chiesa di San Francesco nei pressi della frazione di San Martino, sulla strada che porta a Rocca Cilento. Gli abitanti del posto si affezionano subito al sacerdote valtellinese che vive uno stile sobrio ed entra nelle loro case come uno di famiglia, ne riconoscono l’umiltà, lo sentono vicino e intravedono in lui un vero discepolo di don Guanella. Don Anselmo, aiutato da don Umberto Brugnoni, che da Messina si sposta spesso a Laureana, riesce a formare un gruppo di Cooperatori guanelliani che ancora oggi continua a prendersi cura degli anziani, dei ragazzi difficili e delle famiglie in difficoltà; è conosciuto anche nei paesi limitrofi, Galatro, Stelletanone, Ferroleto, San Ferdinando, Serrata, Rosarno, dove va spesso a sostituire il clero diocesano per le SS. Messe. Don Anselmo rimane a Laureana fino al 1o settembre del 1992 per poi recarsi ad Alberobello (BA) come economo locale nella casa Sant’Antonio dove rimane fino al 1o settembre del 1994. Solo due anni e poi, con la stessa mansione di economo, viene trasferito a Ceglie Messapica fino al 1997. Subito dopo riceve l’obbedienza per ritornare nuovamente in Calabria, con sua grande gioia, per rimanervi fino al 1o settembre del 2004: il paese è San Ferdinando, stessa diocesi di Laureana di Borrello, dove sostituisce don Pietro Scano. Qui viene accolto da don Luigi Bianchessi, parroco, e dal chierico Santino Maisano che verrà poi ordinato il 7 dicembre del 1997 a Messina. Il 2004 è l’anno del trasferimento di don Anselmo a Como, ormai sente il bisogno di avvicinarsi a suoi, alla sua terra, alle sue origini. Certamente non vuole andare in pensione, anzi dal 2006 al 2013 viene nominato cappellano delle suore guanelliane di Pianello Lario, Casa Sacro Cuore. Da qui si reca anche a Menaggio, paese vicino a Pianello, per dare assistenza spirituale ad un’altra comunità delle suore guanelliane.
Dal 1o settembre 2013 la salute di don Anselmo incomincia a peggiorare e i suoi superiori pensano di mandarlo a riposo nella Casa della Madonna del Lavoro di Nuova Olonio, dove rimane fino al 13 luglio 2018, giorno del suo ritorno alla Casa del Padre. Molti a san Ferdinando ricordano don Anselmo, spesso “in trasferta” a Laureana in sostituzione di don Francesco Fusca, assente nel periodo estivo per brevi vacanze. Anche qui si fa voler bene dalla gente del paese che lo cerca spesso per confessarsi, chiedere consigli, scambiare qualche parola con lui. Nonostante la sua età e qualche problema di salute, don Anselmo non si ferma mai, è sempre disponibile. Da “buon montanaro”, come don Guanella, lavora per diffondere il regno di Dio con uno stile semplice e con quella bontà di cuore che disarma chiunque lo incontra. Di don Anselmo non possiamo dimenticare il prodigarsi, insieme agli altri confratelli, in favore degli amici immigrati bulgari e rumeni negli anni dei forti flussi migratori provenienti dall’Est-Europa verso il Sud-Italia: la comunità religiosa, affidandosi unicamente alla Provvidenza, apre la Casa per offrire a chi ne ha bisogno un piatto caldo durante la stagione della raccolta di agrumi. L’iniziativa, negli anni, si trasforma in vero e proprio servizio mensa: una catena di montaggio che vede impegnati sacerdoti, cooperatori, giovani. Come dimenticare don Anselmo ai fornelli cucinare pentoloni e pentoloni di pasta! Un episodio, tra tanti: una fredda sera di fine novembre, distribuiti circa 150 pasti e terminate tutte le provviste (compresa la cena dei sacerdoti, offerta in extremis ad una famiglia bulgara derubata dei passaporti e infreddolita), arrivarono oltre trenta persone. Che fare? L’unica cosa rimasta in frigo era un poco di Philadelphia. Con animo fiducioso, don Anselmo ci ricordò che don Guanella avrebbe invocato la Provvidenza e così facemmo anche noi: dopo pochissimo tempo si presentarono due fornai della vicina Rosarno con due ceste piene di pane e uova! Un’altra caratteristica di don Anselmo era la sua capacità di entrare in relazione con tutti: riusciva a comunicare anche con i più giovani nonostante la sua età! Spesso andavamo insieme per momenti di animazione nelle comunità delle suore per incontri con i cooperatori e con i ragazzi: essi intuivano che per lui non erano un peso, non barava, era autentico e coerente, spesso ironizzava anche sui suoi stessi difetti, guardava i più piccoli con sincerità e ciò che diceva o faceva era dettato dall’amore. La sua peculiarità era la disponibilità ad amministrare il sacramento della Confessione anche nei ritiri per le suore stesse: per dispensare il perdono di Dio non si tirava mai indietro ed era capace di rimanere per ore in confessionale dove, qualche volta, faceva anche un breve pisolino! Quando penso a don Anselmo Gandossini lo identifico come quel servo umile e inutile: non si è mai dato importanza da solo e ha saputo fare della sua inutilità una ricchezza, manifestando una serena e generosa obbedienza al Signore, soprattutto quando veniva interpellato dai superiori per andare a svolgere il suo ministero nelle comunità delle nostre due Provincie. Ritornando alla citazione dell’Evangelista Luca 17,10 (Siamo servi inutili...) credo che, attraverso l’esperienza di vita di don Anselmo, il Signore ci voglia dire che ciascuno di noi è importante, necessario, indispensabile ai suoi occhi. È Lui, però, che conferisce l’importanza, noi dobbiamo rimanere sempre nella nostra inutilità e, quando abbiamo fatto ogni obbedienza, dichiararci servi inutili.
Al contrario, se non obbediamo, non siamo inutili, ma oziosi, infingardi, fannulloni. È questa la vera relazione dell’umiltà inutile da riscoprire, vivere, osservare che caratterizza la vita dei veri servi del Signore: don Anselmo è stato per noi testimone, come servo inutile e fedele ha fatto quello che doveva fare! Nel ricordo bellissimo che ho di don Anselmo gli dedico questa mia preghiera con tanto affetto:

Eccomi pronto, o Padre, per fare la tua volontà,
per diffondere il tuo progetto di salvezza.
per far conoscere ai fratelli la tua paternità.
Eccomi pronto, o Gesù, per predicare il tuo Vangelo,
per far conoscere alle genti il tuo nome benedetto,
per partecipare agli altri la gioia di essere fratelli.
Eccomi pronto, o Spirito santo,
ad andare nel mondo intero
per proclamare le meraviglie del tuo amore,
per gettare nel mondo semi di Vangelo,
per chiamare gli uomini e le donne
a formare con noi la Chiesa di Cristo.
Aiutami, o Dio, a cogliere
la preziosità della mia missione
e a corrispondere con generosità
al messaggio di vita
che sboccia infallibile dal tuo cuore,
o Signore, amante della vita. Amen.

Don SANTINO MAISANO

 

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

Nato a Coronel Bogado (Paraguay) il 17 luglio 1953
Noviziato a Lujan il 15 agosto 1998
Prima Professione a Lujan il 15 agosto 1999
Professione Perpetua a Tapiales il 7 dicembre 2002
Sacerdote ad Asunción il 5 luglio 2003
Morto a Caaguazú il 6 novembre 2018
Sepolto nel cimitero di Caaguazú

 

El padre Germán Cardozo nació el 17 de julio de 1953, en Coronel Bogado (Paraguay). Fue bautizado el 2 de noviembre de 1957, en la iglesia de su pueblo. Hizo los estudios de ninel Primario y Secundario en la Escuela Normal de Profesores; cursó estudios de secretariado ejecutivo y dactilografía, y trabajó como docente por dos años. A los veinte años comenzó una experiencia de seminario en la Congregación del Verbo Divino que duró desde 1978 a 1982; terminada la filosofía se retiró para discernir mejor sobre el carisma. Por su cuenta, cursó la teología en la Universidad Católica, en un camino de discernimiento; trabajó en la Municipalidad de Asunción y como gerente de recursos humanos y ventas en una empresa de importaciones. Dialogaba con su párroco sobre sus permanentes inquietudes vocacionales. Luego escribió al P. Fabián Rodríguez y se entrevistó con él en abril de 1994. Se presentaba como una persona adulta y manifestaba inquietud para la vida religiosa y sacerdotal, con el deseo de conocer la Obra Don Guanella. Fue escuchado atentamente, comentando también que completó el estudio de teología en la Universidad Católica. En los meses siguientes continuó el dialogo y dirección espiritual, ejercitándose también en el voluntariado en el Hogar de Ancianos de La Piedad (Py) los fines de semana, ya que trabajaba en la empresa de importaciones. Germán era la típica persona ya formada, madura en el trabajo y en el roce con la sociedad, con sus convicciones, equilibrio y serenidad, siempre paciente, conforme y tranquilo. La experiencia en el Hogar La Piedad le sirvió como un primer paso de formación en el servicio a los pobres y el contacto con la Congregación.
El 22 de febrero de 1995 viajó a Tapiales (Bs. As.) con otros cinco compañeros, para ingresar al aspirantado y seguir un curso formativo en el Instituto de los Dominicos. El 8 de setiembre fue admitido al postulantado. En 1996 fue enviado a la comunidad de La Piedad para un mejor discernimiento de su vocación guanelliana. En 1997 fue trasladado a la comunidad de Areguá, en vista de una preparación más intensa para ser admitido al Noviciado. En el mes de febrero de 1998 hizo los Ejercicios espirituales en Tapiales y luego ingresó al Noviciado de Luján (Bs. As.), siendo su Padre Maestro el P. Angel Gottardi. El 15 de agosto de 1999 emitió la Primera Profesión en la Basílica de Ntra. Sra. de Luján, en manos del P. Carlos Blanchoud. En los dos meses posteriores fue aprestar su servicio carismático en el Hogar San Ricardo de Batuco, Santiago (Chile). Luego estuvo en Madero (Bs. As.), dando catequesis en el colegio, con el seguimiento formativo en el seminario de Tapiales. Frecuentó como alumno extraordinario el Instituto teológico salesiano para ponerse al día en algunas materias de teología, que había estudiado en carácter de laico.
En el año 2001 se integró a la comunidad de Tapiales a fin de continuar la formación; el 13 de febrero de 2002 fue a Limache (Chile) para la experiencia del tirocinio, en el servicio de los Buenos Hijos adultos, siempre atento y servicial, muy aceptado por todos y cercano a la gente, bondadoso por su carácter y edad madura, no basado en sentimentalismos sino en una actitud real y práctica, con buen espíritu guanelliano. Profesó en perpetuo en la parroquia de Tapiales (Bs. As.), en manos del P. Enrique L. Messina, el 7 de diciembre de 2002. Recibió el Diaconado por Mons. Mario Poli, Obispo auxiliar de Buenos Aires, en la Parroquia Tránsito de San José, el 12 de diciembre de 2002. Fue ordenado sacerdote por Mons. Pastor Cuquejo, Arzobispo de Asunción, en la parroquia de San Miguel, el 5 de julio de 2003. Su ritmo vital era un poco lento, pero hacía bien lo que sabía, con serenidad y tranquilidad; su oración y devoción eucarística era normal, con espontaneidad y sencillez, con fidelidad en los horarios comunitarios. Se lo veía en la madrugada con su mate calentito y le gustaba pasar bastante tiempo charlando y mateando, registrado esto como un valor cultural. Vivía pobremente, sumiso y obediente, necesitando una comunidad que lo apoye en sus comprensibles limitaciones y a la vez entregando su mansedumbre. Los superiores lo cambiaban a menudo de comunidad, según las necesidades que iban surgiendo en la Provincia, y él estaba siempre disponible. Desde el comienzo de su vida en la Congregación mostró estructura mental y vivencial ya formada, capaz de enfrentar y superar dificultades sin desestabilizarse, respetuoso, amable y humilde, no obstante las pruebas, críticas e incomprensiones que a veces recibía; pero sobresalía en él un comportamiento noble y de buena compañía. En los últimos tiempos, a causa de alguna enfermedad, quedó un poco abatido en su salud y desmejoró su ritmo de vida. Su última comunidad fue Caaguazú, donde había llegado desde La Piedad, en marzo de 2018. Se lo vio un poco más activo y vivaz. Lo sorprendió la muerte en su habitación, en la madrugada del martes 6 de noviembre de 2018: pero era el Señor que lo tomaba de la mano y lo llevaba a la Pascua gloriosa. El querido Padre Germán es velado en la parroquia San Francisco y el miércoles a las 11 horas, se celebra la Misa exequial por su eterno descanso en la Patria celestial.
Por ahora sus restos estarán descansando en el cementerio de Caaguazú.
«Bienaventurados los mansos, porque ellos poseerán en herencia la tierra» (Mt 5,4). Gracias P. Germán por tus ejemplos de bondad y sencillez guanelliana: un Siervo de la Caridad.

P. CARLOS BLANCHOUD

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a Oppido Lucano (PZ) il 22 ottobre 1939
Entrato a Roma Sem. Mons. Bacciarini il 1o ottobre 1952
Noviziato a Barza d’Ispra il 12 settembre 1956
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1958
Professione perpetua a Chiavenna il 12 settembre 1964
Sacerdote a Oppido Lucano il 1o aprile 1967
Morto a Perugia il 9 ottobre 2018
Sepolto nel cimitero di Perugia-Montebello

 

Ciao, Ciccillo... Così ti chiamavamo confidenzialmente, dopo quel famoso teatro in cui impersonavi il commissario di polizia napoletano CICCILLO CACACE. Quel nome ti si addiceva molto bene, soprattutto per la tua grande simpatia per il popolo napoletano, pur essendo tu nativo della Basilicata, nell’ottobre del 1939, proprio l’anno in cui iniziava la seconda Guerra mondiale, come tanti compagni della nostra classe. La tua famiglia, povera, onesta e laboriosa, ti ha subito affidato al Signore, presentandoti al fonte battesimale lo stesso giorno della tua nascita. Il Signore ha accettato questo bel dono e ti ha chiamato a divenire suo ministro già dagli anni delle elementari. Il tuo parroco aveva visto in te ottime doti, immaginandole al servizio del popolo di Dio e dei poveri. Dopo la quinta, ci raccontavi, fosti accompagnato al seminarietto dei Padri Rogazionisti che avevano aperto una loro presenza a Marano di Napoli. Eri felice, dicevi, e avresti continuato in questa Congregazione religiosa, se non fosse intervenuto tuo cognato che era stato, per diversi anni, seminarista nella nostra Congregazione. Fu lui a indirizzarti a Roma, nel seminario guanelliano di Via Aurelia Antica. Gli anni degli studi ginnasiali invece li compisti in un piccolo centro della Brianza, Anzano del Parco, dove nel frattempo i nostri Superiori avevano aperto un seminario bello e grande che ospitava studenti dalla prima media alla quinta ginnasio. Ti aggiungesti a noi, con tanti tuoi compagni di Roma, in quarta ginnasio, altri erano giunti l’anno precedente. Eravamo un bel gruppo: due sezioni di quarta ginnasio, quasi 60 studenti, sotto la guida simpatica e amorevole di don Giuliano Rizziero. Era il 1954. Due anni passano presto e ti ritrovasti con noi a far domanda per entrare in Noviziato. Partimmo solo in 27 ed era il 1o settembre 1956. Ricordo che tra tanti depennamenti di amici, tu ti mostrasti quasi sorpreso di trovarti nell’elenco dei futuri novizi: tu di carattere sei sempre stato un po’ timoroso, la fiducia nelle tue buone capacità a volte veniva meno, sia negli studi che nel procedere formativo...e noi un po’ ti sfottevamo e un po’ ti incoraggiavamo, ma ti sentivamo fortemente in cammino con noi. Da parte mia avevo stretto con te una bella amicizia, nella quale non mancavano vari “sfottò” e scherzi vicendevoli e ricordo che mi eri prezioso per copiare la musica, data la tua bella scrittura ordinata e precisa. Conservo ancora le partiture da te copiate. Anche i due anni di noviziato passarono veloci e fosti ammesso alla prima professione: era il 12 settembre 1958. Il numero si era ulteriormente ridotto, ma in compenso era maturata tra noi rimasti una fratellanza che il tempo non ha mai infranto: ci sentivamo fratelli e confratelli, tutti entusiasti di seguire Gesù, nel carisma guanelliano, ovunque ci avesse chiamati alla missione di servizio di carità cui ci eravamo votati. E venne presto anche il tempo della missione. Le necessità della Congregazione infatti ci chiamò al tirocinio quando ancora dovevamo terminare il liceo classico. E fu così che a completare la terza liceo fummo inviati in diversi Istituti come educatori di ragazzi: chi a Cassago, chi a Gozzano, chi a Lecco. Io e te, con altri quattro compagni fummo inviati a Lecco. Ad ognuno fu assegnato un nutrito gruppo di ragazzi e... via al lavoro: scuola al mattino, lavoro con i ragazzi nel pomeriggio e studio durante la notte o all’alba. Fu un anno di grossa sofferenza, ma ce l’abbiamo fatta. Ma la sorpresa era dietro la porta: al termine dell’anno scolastico i Superiori ci comunicano che il Tirocinio che da 1 anno era passato a 2 anni, per noi era stato programmato per 4 anni. Le reazioni furono diverse e varie: tu, mi ricordo, ti avvilisti, e, come alle volte ti capitava, qualche improperio volò: non ricordo però in quale direzione! Il cacio sui maccheroni però venne dopo, quando assegnarono 3 di noi su cinque alla lontana casa di Naro in provincia di Agrigento: la motivazione del direttore locale, tra il serio e il faceto, fu: siete “terroni” e vi troverete bene tra la vostra gente. A dir la verità, ti ricordi, Ciccillo, lo prendemmo come un onore e dopo pochi giorni eravamo sul treno per la Sicilia. Non ti voglio ricordare quello che combinammo in quel viaggio... non si addice per un necrologio; del resto tu più volte l’hai raccontato questo viaggio aggiungendovi particolari esilaranti a noi sfuggiti o inventati da te sul momento. L’accoglienza a Naro non fu delle migliori. Il buon don Leo Brazzoli era su tutte le furie: ci aspettava per le 19,00 e ci presentammo alle 23,30. E dovevamo rinnovare i voti proprio entro la mezzanotte di quel giorno. Così facemmo. Era il 12 settembre 1960. Le cose poi a Naro presero il verso giusto. Don Leo e poi don Luigi Galli che ci accompagnarono come superiori espressero più volte stima e simpatia e noi, e a dire il vero, riteniamo quei 3 anni i più begli anni di vita religiosa prima del sacerdozio. Ricordo il tuo impegno con i picciriddi di San Calò: è stato encomiabile, non ti sei risparmiato un minuto e, dato il tuo carattere espansivo hai legato molto con tante persone che venivano in piazza, dove i nostri ragazzi giocavano. Bellissimo il legame con alcuni anziani che ti facevano dono della loro cultura popolare con canti, poesie e citazioni bibliche. Il rientro in casa di formazione a Chiavenna, dopo 4 anni, ai primi di settembre del 1963, fu un po’ traumatico per te e anche per me. Ricordo bene che giunti alla salitella del “Pozzoli” (così la chiamavamo) ci fermasti tutti e 4 e dicesti queste testuali parole: “Amici contiamo i passi di libertà che ci rimangono”. Una bella risata e via contando passo dopo passo...Gli studi teologici, pur non frequentando nessuna università, furono molto seri, con esami trimestrali, semestrali e finali. Tu ce la mettevi tutta, ma non per fare bella figura, quanto invece perché ti sentivi sempre non ben preparato. E non era vero. Tu studiavi e studiavi sodo. Quante volte ti ho incrociato con il libro di morale o di dogmatica sotto il braccio a salire verso il Belvedere basso o verso quello alto, per poi imboscarti dove non sono mai riuscito a scovarti. Anche gli anni di teologia, tra impegno scolastico, relax invernale sui campi di neve, relax estivo tra le montagne di Gualdera e un po’ di missione pastorale nei paesi limitrofi, sono passati velocemente. Le grandi tappe diventavano sempre più prossime: professione perpetua, diaconato e presbiterato erano nei tuoi sogni, come in quelli di tutti noi. Un dispiacere però: il nostro gruppo si era notevolmente assottigliato: della sessantina della terza media e quarta ginnasio eravamo rimasti solo 12 chierici e un fratello laico. E la consacrazione sacerdotale che tu ricevesti al tuo paese, Oppido Lucano, il primo aprile 1967, come buona parte di noi nei nostri rispettivi paesi, fu donata solo a 12 confratelli. Terminato il quarto anno di teologia fummo inviati alla nostra missione di Servi della Carità. Tra tanti sentimenti di gioia e di entusiasmo di novelli sacerdoti pronti a dare tutta la vita per Cristo, un dispiacere: il gruppo, tanto affiatato, si separava ancora e questa volta per sempre. Tu partisti per Bari, io per Milano e da allora le nostre strade si sono incrociate solo in alcuni momenti formativi o di preghiera o di celebrazione di Congregazione. Mi ci siamo sempre tenuti in contatto e ricordo che mi scrivevi da Bari narrandomi del tuo lavoro, della tua salute, del tuo rapporto con i Superiori e soprattutto per aver raggiunto un altro tuo grande sogno: frequentare gli studi pedagogici nell’università: conseguisti la laurea con una votazione molto alta e ne andasti fiero, anche perché ti costò molta fatica: qualche frequenza e studi solo la notte...dovendo attendere ad oltre 50 minori per tutta la giornata. Da Bari passasti a Fasano, prima come educatore e poi come economo. La situazione della Casa di Fasano era molto precaria a quel tempo, ma la tua abilità anche amministrativa seppe risollevarla. Eravamo già nel 1986 quando sei ritornato a Bari, ma qui, invece di minori, trovasti anziani e anziane, bisognosi di una buona parola, di un sorriso, di una barzelletta. E in questo tu eri maestro ed hai profuso questo dono di natura ad ampie mani. Dopo una decina d’anni l’obbedienza ti invia in un’altra delle nostre Case dedite a sollevare miserie umane. Si tratta dell’Istituto per disabili mentali di Perugia. Anche qui le tue doti umane, oltre che alla tua preparazione culturale ti fanno stare vicino a questi nostri fratelli facendo loro sentire il tuo affetto, la tua fratellanza oltre che la cura economica per il quotidiano. Gli elogi che ho sentito il giorno dei tuoi funerali a Perugia sono stati una vera dimostrazione di affetto da parte di confratelli, operatori e ospiti... mi sembrava più un panegirico che un elogio funebre...è mancato solo il grido «SANTO SUBITO...» che oggi va di moda. A parte gli scherzi, caro don Antonio, la tua è stata una vita di un autentico SERVO DELLA CARITÀ. Non ti sei mai risparmiato, ovunque hai dato soccorso, con la tua vicinanza, con la tua parola, con il tuo interessamento e spesso anche con mezzi economici. Il Signore, soddisfatto di te, ha messo fine al tuo pellegrinaggio terreno e ti ha aperto le porte della Dimensione Eterna, il 9 ottobre scorso, mentre attorniato dai confratelli ti rivolgevi a Lui, per Maria, con la preghiera del santo rosario. Che bella partenza! L’Ave Maria spezzata sul tuo letto di morte è continuata in cielo, attorniato dal nostro Padre San Luigi Guanella, da tutti i confratelli che ti hanno preceduto e dai tuoi genitori e familiari che hai potuto riabbracciare.
Ora sei nella pace e nella luce di Dio: ricordati di me, dei nostri compagni, rimasti in 9 e di tutti i confratelli e consorelle dell’Opera. A presto.

Don PIERO LIPPOLI

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

CARISSIMI, mercoledì 11 mazo, a Como, in Casa Divina Provvidenza è tornato alla Casa del Padre il Caro Confratello DON GIANCARLO SCHIEVANO di anni 78.

 

Il pensiero del Superiore Generale, Don Umberto Brugnoni:

"Caro don Giancarlo,
Arrivederci in cielo.
Ci hai lasciati così in fretta e in un momento difficile per tutti noi tanto da non poterti dare un bacio sulla fronte e una benedizione. Un confratello dell’America Latina mi ha scritto oggi ricordandomi tue parole ripetute in più occasioni: nel mio funerale non parlate, per favore, di me, ma dite solo un breve e semplice pensiero sulla parola di Dio. Don Marco farà certamente questo.
A me allora, a nome di tutti i confratelli che ti hanno conosciuto, stimato e amato il saluto fraterno e grato per quanto di bello e grande ci hai voluto dire con la tua vita semplice, ma sempre disponibile a chi aveva bisogno. Grazie!
In questi giorni, chiusi in casa, abbiamo più tempo per la preghiera, il raccoglimento, il silenzio. Penso che guardando la Parola di Dio di oggi, tu ci possa raccomandare di risentire e meditare più volte le parole del Salmo 104: ricordiamo, Signore, le tue meraviglie! Tu non sei, Signore, il Dio-responsabile del coronavirus, Tu per noi sei il Dio che ci ha liberato dalla schiavitù di Egitto e ci ha portato attraverso il deserto fino alla nuova terra dove scorre latte e miele. Sei il Padre che ci ha amato così tanto da dare il Figlio unigenito, perché se crediamo in Lui avremo la vita eterna.
La schiavitù, la sofferenza, la prova passano presto, ciò che resterà per sempre sarà il tuo eterno amore per noi. Questo non finirà mai e la vita sacerdotale di don Giancarlo ne è una eloquente testimonianza. Lode e onore a te, Signore Gesù!
Riposa nel Risorto caro don Giancarlo; sul cuore di Colui che hai sempre voluto ascoltare, amare e imitare nella tua vita di sacerdote e di guanelliano. Arrivederci in Paradiso!"

Como, 13 marzo 2020                                                                                                                                    Padre Umberto

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a San Marco La Catola (FG), il 22 agosto 1917
Entrato a Fasano il 6 gennaio 1946
Noviziato a Barza d’Ispra il 1o settembre 1947
Prima Professione a Barza d’Ispra l’11 novembre 1949
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 29 maggio 1953
Sacerdote a Milano il 19 dicembre 1953
Morto a Brasilia (Brasile) il 15 marzo 2018
Sepolto nel cimitero di Brasilia (Brasile)

 

Padre Armando Celestino Bredice, chamado na família tio Tino, é o único sacerdote guanelliano que chegou à venerável idade de 100 anos e sete meses. Os cientistas hoje dizem que uma vida longeva é somente 7% resultado da genética, mas a família de Pe. Armando continua sendo uma família longeva que, com certeza, tem sua origem numa feliz combinação genética: o primeiro irmão Emílio faleceu com 101 e sete meses, um outro irmão Michele faleceu com 106 anos, uma das irmãs, Assunta, ainda viva com 103 anos e a última irmã, Filomena, atualmente com 93 anos. No arquivo da história da Província Cruz del Sur encontra-se uma bonita síntese da vida e da história vocacional de Armando Celestino Bredice que deixo em língua castelhana: El Padre Armando Bredice nació el 22 de agosto de 1917 en la ciudad de San Marco La Cátola, en la región de Apulia, Italia. Durante la Segunda Guerra Mundial, participó como Teniente y comandó un grupo de tanques de choque, actuando en los campos de batalla de Verona, Brennero y Austria...pero en su alma aleteaba una voz que le llamaba a dejarlo todo para seguir a Cristo y luchar la batalla para ganar soldados de Cristo, aunque no encontraba el ejército donde enrolarse... Hasta que un día en Roma, entrando en la Basílica de San José, se encontró con el Padre Giuseppe Preatoni, quien le sugirió ir a la Ciudad de Fasano-Brindisi, a una Casa Guanelliana, donde tuvo la respuesta que buscaba e inició el camino hacia el sacerdocio: tenía 28 años, la Gracia de Dios, muchas ilusiones y un gran y ferviente deseo de servir a Dios en sus semejantes. Hace su Profesión Perpetua en Como, el 30 de mayo de 1953, y el 19 de diciembre de ese mismo año, recibe la Ordenación Sacerdotal del hoy día bienaventurado Beato Cardenal Ildefonso Schüster, en la Catedral de Milán. Fue la última ordenación sacerdotal realizada por el Beato. En Paraguay, fue solo un Teniente Cura de San Miguel y Profesor del Seminario de Areguá, pero en Brasil, fue Párroco de varias Parroquias y donde quiera que vaya, ha dejado para la posteridad, obras materiales y espirituales que constituyen un orgullo para la Obra Don Guanella. El Padre Armando Bredice estuvo solamente cinco años en el Paraguay, pero ese tiempo fue suficiente para que se sintiera paraguayo y llevara en su corazón católico-universal las inquietudes, las ilusiones y las esperanzas del pueblo paraguayo que amó y nunca olvidó. Las comunidades parroquiales de San Pablo y de Brasilia, le han rendido homenajes por sus 50 años de Sacerdocio y las Cámaras de Senadores y de Diputados de la Capital del Brasil, el día 20 de agosto de 2004, le hicieron entrega del Título de Ciudadano Honorario de Brasilia, distinción honorífica nunca antes dada a un sacerdote. Nuestra gratitud al Señor por enviarnos al Padre Armando Bredice...No ano 2007 quando festejou 90 anos na comunidade de Brasília estavam presentes três amigos do Paraguai, antigos paroquianos da Paróquia San Miguel. Pe. Armando chegou ao Brasil, vindo do Paraguai no ano 1958. Ele tinha um temperamento forte, decidido, com espírito de iniciativa, grande organizador, às vezes um pouco autoritário, aberto às amizades com membros da Igreja, cardeais, dom Paulo Evaristo Arns, que chamava Pe. Armando “mosquito elétrico”, dom Claudio Hummes, dom Odilo Pedro Scherer entre outros e bispos, como também políticos e governadores influentes seja da cidade de São Paulo que de Brasília. Amizades que serviam para o bem da Província Santa Cruz, presente com várias Obras em São Paulo e Brasília. Quando festejou 100 anos, estiveram presentes na solene celebração na paroquia Santa Terezinha de Brasília, dois cardeais: dom Odilo Pedro Scherer e dom Sergio da Rocha e outros três bispos entre os quais dom Protógenes José Luft, guanelliano. Os cardeais estavam decidindo quem ia presidir a celebração e ele escutou e disse: «o festejado sou eu e eu presido». A sua missão na Congregação foi praticamente uma missão pastoral, foi pároco em várias paroquias no Brasil desde ano 1965 a 2003, abrindo Obras Sociais, como ele as chamava, para crianças e adolescentes pobres. O que chama a atenção na pessoa do Pe. Armando foram algumas paixões que ele demostrou ao longo de sua vida como religioso, sacerdote e pároco guanelliano: um grande amor à catequese que influenciou sobretudo a paróquia Santa Terezinha de Brasília, organizou várias etapas de catequese, superando muito o número de 1000 catequizandos; assim também um grande amor ao sacramento da Eucaristia; quando chegou em Agua Boa - Mato Grosso, em 2003, insistiu e conseguiu que fosse organizada a capela da comunidade; um amor e devoção especial à Virgem Maria, sem esquecer o seu espirito de oração, ajoelhou-se na capela da comunidade de Brasília até os últimos anos de sua vida. Sabe-se que na vigília dos festejos dos 100 anos passou longo tempo de oração diante do Santíssimo. Nunca deixou de celebrar a Santa Missa, ao menos que estivesse doente. Foi incansável em atender às confissões até os últimos anos. Um grande amor e espirito de pertença à Congregação, fazia questão de participar à Assembleia anual da Província Santa Cruz, a última vez que participou foi no ano 2012 com 95 anos. Os coirmãos aproveitaram a oportunidade para festejar a data e ele presidiu a Missa e fez a homilia. Não é possível esquecer a sua devoção aos santos, o primeiro dos quais São Luís Guanella e em especial Padre Pio – foi coroinha dele, teve a alegria de confessar-se com ele e quando voltava a Itália para passar alguns dias de férias na sua cidade natal nunca faltou de visitar Padre Pio. O santo de Pietrelcina, segundo o seu testemunho, o ajudou a enfrentar e superar momentos difíceis de sua vida. Em 2003 com 87 anos aceitou, com alguma dificuldade, deixar a Paróquia de São Paulo para ir como superior local na paróquia Nossa Senhora Aparecida em Água Boa no Mato Grosso, onde ficou dois anos. Enfim os superiores aceitaram o seu desejo de ir para Brasília, onde, amados por todos, bispos, coirmãos, cooperadores guanellianos, paroquianos, sempre com mente lúcida, deixou esta terra para o céu.

Pe. CIRO ATTANASIO

Termino citando o importante testemunho do Pe. Antônio Viana que como superior local, junto com outros coirmãos, o acompanhou nos últimos anos de sua vida. Já com seus 97 anos feitos em 22-8-14 era admirável seu dinamismo em todas as semanas ir para a CNBB uma tarde inteira para atender Bispos, Padres e Funcionários daquela entidade.

Padre Armando era Conselheiro espiritual de uma Equipe de Nossa Senhora (movimento de Casais que visam intensificar uma espiritualidade conjugal) e esta Equipe não queria que ele deixasse de ser seu Sacerdote e assim foi até as vésperas de seus 99 anos, quando mover-se já o fazia com bastante dificuldade. Quando vinha à Brasília, o Cardeal Dom Odilo Pedro Scherer, procurava sempre o Pe. Armando para que fosse atendido por ele. Outro aspecto admirável era a lucidez de Padre Armando que ficou claríssima até os seus 100 anos e seis meses. Fez sempre questão de celebrar a Eucaristia cotidiana e aos domingos queria concelebrar na igreja matriz, quando não mais podia ficar em pé, o fazia sentada na sua cadeira de rodas. E já depois dos 100 anos quando celebrar ou mesmo concelebrar ficou difícil pedia «não me deixem sem a Eucaristia». Em seguida pegava seu terço e rezava todo santo dia. Até os 99 anos Padre Armando participava em todas as iniciativas da Arquidiocese de Brasília, exceto as reuniões. E era impressionante o carinho que o povo de Brasília, não só do Cruzeiro Novo, tinha por ele. A devoção de Padre Armando por São Pio de Pieltrecina, segundo ele mesmo, era muito bela, e vem desde adolescente, quando, então, foi coroinha do Santo, e isso o fez conhecido em todo o Brasil. Foram muitas as vezes que pessoas de outros Estados do Brasil vindo à Brasília o procuravam aqui. E do Distrito Federal as visitas eram quase diárias. Sem falar das cartas que vez em quando recebia. Mas sem deixar de por menos aquela devoção a Maria Santíssima, «essa é a primeira e mais importante», dizia ele. Pe. Armando nos últimos três anos vinha perdendo a cada dia a audição, nem os aparelhos conseguiam fazê-lo escutar bem, contudo, todos os que pediam para confessar ou conversar com ele, jamais dizia não. E a audição não era impedimento nem para ele e nem para as pessoas, se precisasse falar ao “pé do ouvido” todos falavam sem qualquer dificuldade, para estas pessoas era suficiente serem abençoadas por ele. Padre Armando também escreveu um livro – O Último Canto do Cisne – prefaciado pelo Cardeal Arcebispo de São Paulo Odilo Pedro Scherer em junho de 2013, na véspera de seus 96 anos. E importante ver como ele conclui sua obra: «Ó mulher tão forte oferto-me a ti, pois sou pobrezinho, necessito de ti mais do que qualquer coisa, preciso do teu colo e ali descansar, almejo por ti se choro ou se sorrio, escuta meu grito! Beija-me na fronte mãe querida e faz-me teu. Toma-me pela mão e ensina-me a sofrer, rezar e amar. Nos teus braços e no teu colo eu estou seguro, fico tranquilo até os dias em que eternamente irei ficar contigo, doce senhora da minha vida. Ave Maria! O livro tem como tema principal sua devoção a Maria Santíssima». Por fim, quando se fazia necessário uma internação, o Padre Armando conseguia cativar toda aquela ala do hospital, seja os funcionários como até alguns doentes em melhor condição de saúde. Possuía uma facilidade de fazer amizades.

Testemunho do Pe. ANTôNIO VIANA

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a Laveno Mombello (VA) il 4 ottobre 1931
Noviziato a Barza d’Ispra il 12 settembre 1950
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1952
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1958
Sacerdote a Como il 26 giugno 1960
Morto a Barza d’Ispra il 14 novembre 2018
Sepolto nel cimitero di Mombello (VA)

 

Don Giuseppe Bini è nato a Laveno Mombello (Va) il 4 ottobre 1931 da Arturo e Brunella Maria, primo di dieci figli. Nella chiesa parrocchiale del paese riceve il Battesimo il 6 ottobre 1931 e il 3 giugno 1940 gli viene conferita la Cresima dal Beato Card. Ildefonso Schuster. Vissuto in una famiglia molto religiosa, fin da piccolo gli sono stati inculcati solidi principi di vita cristiana. Il contesto di fede in cui è vissuto e l’esempio di altri del parentado che intrapresero il cammino del seminario, hanno fatto sì che in lui sbocciasse il desiderio di servire il Signore come sacerdote, per cui in giovane età, dopo un primo tentativo presso il seminario diocesano milanese, nel 1949 si affacciò all’Opera don Guanella sul tracciato già segnato trent’anni prima dal guanelliano mombellese don Carlo De Ambroggi, divenuto poi Superiore generale dell’Opera. Così don Antonio Fontana, Direttore del nostro Seminario minore di Anzano del Parco (Co) in quegli anni, rispondeva al parroco di Mombello che presentava il giovane candidato per la quinta ginnasiale: «Posso assicurarla che viene accolto da noi in modo che lo possiamo provare per un anno e se ne sarà meritevole, potrà poi restare a far parte dell’Opera nostra». E il giovane Giuseppe passò la prova e da allora la Congregazione di don Guanella divenne per sempre la sua seconda famiglia. L’anno successivo, infatti, insieme ad altri 16 compagni seminaristi, da Anzano don Giuseppe passa a Barza d’Ispra (Va) dove, sotto la guida del padre maestro don Armando Budino, inizia la tappa formativa del Noviziato al termine della quale il 12 settembre 1952 emette la sua Prima Professione Religiosa. Sempre a Barza, sei anni più tardi, il 12 settembre 1958, emette i Voti Perpetui e il 26 giugno 1960 nella Cattedrale di Como, viene ordinato sacerdote per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di Mons. Felice Bonomini. Dopo il primo anno di sacerdozio trascorso a Milano come educatore-assistente tra i ragazzi del nostro Istituto San Gaetano, l’Obbedienza lo chiama a elargire le sue primizie sacerdotali nel campo missionario in terra cilena. Il 10 ottobre 1961, parte alla volta di Batuco e l’anno successivo, lo troviamo a Estacion Colina: per tutto il ventennio della sua esperienza missionaria in Cile, la sua attività e testimonianza di religioso e sacerdote la esercita fra queste due realtà caritative. Furono anni che rimasero indelebili nel cuore e nella mente di don Giuseppe; anni in cui si dedicò con grande spirito di sacrificio e con grande umiltà a ragazzi abbandonati e segnati dalla disabilità (i “buoni figli” di don Guanella), a quelli che vivevano nelle strade o nelle baracche. Tutti venivano accolti nella sua missione ed amorevolmente assistiti sia nel corpo che nello spirito. A molti di essi don Giuseppe, dotato di spirito pratico quale era, insegnò un mestiere, aiutandoli ad essere autosufficienti. Nel 1981, per motivi di salute, è costretto a lasciare la terra di missione e l’Obbedienza lo invia a Barza d’Ispra (Va), Cappellano fra gli anziani della Casa di Riposo. Ci rimane fino al 1988. Dopo un triennio a Castano Primo (Mi) come aiuto nel ministero pastorale (1988-1991), viene nuovamente destinato a Barza sempre con il medesimo mandato: la disponibilità all’aiuto dei parroci del territorio ma senza perdere di vista la cura e l’amore per la Casa. E fino a che le forze glielo hanno permesso, don Giuseppe si è sempre dimostrato esemplare nell’«amare la propria Casa come l’ape il proprio alveare», come insegnava don Guanella. Lo fece con grande umiltà e generosa semplicità, doti che lo hanno costantemente caratterizzato fino a che l’infermità e la malattia presero in lui il sopravvento in un lungo calvario preparatorio all’incontro con il Padre che, la mattina del 14 novembre, lo ha accolto nella Pasqua eterna del Suo Regno.

Don DOMENICO SCIBETTA

 

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

Nato a Selbach (Brasile) il 24 aprile 1946
Noviziato a Canela dal 1o marzo 1966
Prima Professione a Canela il 1o marzo 1968
Professione Perpetua a Canela il 22 febbraio 1975
Sacerdote a Porto Alegre il 6 dicembre 1975
Morto a Porto Alegre il 2 agosto 2020
Sepolto nel cimitero di Porto Alegre (Brasile)

 

P. Atanásio Francisco Schwartz
Ho conosciuto P. Atanásio nell’anno 1971 quando lo incontrai a Roma nel Seminario teologico e iniziammo insieme il corso teologico, in quel tempo quasi tutti i professori erano nostri confratelli. Siamo rimasti insieme 3 anni, perchè lui, come gli altri confratelli brasiliani ritornarono in patria per terminare l’ultimo anno di teologia e poi essere ordinati. P. Atanasio fu ordinato sacerdote il 6 dicembre del 1975 nel Patronato Santo Antonio, in Carazinho, casa per bambini e adolescenti poveri fondata nel 1950. In quel tempo in regime di convitto e insieme, in reparto separato, c’era anche un buon numero di seminaristi.
P. Atanasio durante i suoi 45 anni di sacerdozio (a dicembre 2020 avrebbe festeggiato il 45° anniversario di ordinazione sacerdotale) ha portato avanti molte responsabilità nella Provincia brasiliana Santa Cruz, come superiore di comunità, direttore di Opere sia per ragazzi come per persone disabili, formatore, parroco. Per 9 anni è stato parroco della Parrocchia della Madonna del Lavoro a Porto Alegre, che durante il suo mandato ha ricevuto il titolo di Santuario della Madonna del lavoro. È suo l’inno che si canta sopratutto il giorno della festa patronale il primo maggio. Nella parrocchia di Capão da Canoa, dove anche è stato parroco con l’aiuto del popolo e soprattutto dei villeggianti di questa città balneare, ha costruito un Santuario in onore della Madonna del Lavoro. La preziosissima e grande statua in legno della Madonna fu donata dalla Provincia Sacro Cuore per interessamento dell’allora vicario generale don Umberto Brugnoni.
Cosa posso ricordare del confratello e amico P. Atanasio? Certamente che fu un confratello fedelissmo alla sua vocazione di religioso e sacerdote guanelliano e una persona entusiasta del carisma della Carità. Quando parlava del nostro carisma, che lo Spirito aveva ispirato al nostro santo Fondatore, i suoi occhi brillavano di gioia. Un uomo di preghiera. Durante il poco tempo in cui fu provinciale, i confratelli si meravigliavano come durante la preghiera in comunità non riusciva a partecipare, perchè soffriva di depressione, che forse è stata la causa anche delle altre malattie che dovette soffrire durante gli ultimi anni della sua vita. Esattamente a motivo di questa depressione, l’11 settembre del 2001, tutto il Consiglio provincile si dimise. Soffrì molto quando vari confratelli lasciarono la Provincia proprio durante il suo breve mandato di Provinciale. E lui, queste infedeltà, non riusciva proprio a comprenderle, ad ammetterle.
Un uomo di molta bontà, io direi di una dolce bontà, non ricordo che qualche volta si fosse arrabbiato, forse sì, ma rarissimamente, anche se non sono mai vissuto in comunità con lui.
Un entusiasta del carisma, della Congregazione, delle Opere di carità sparse nella Provincia. Forse alle volte un po’ troppo ottimista e idealista, però con una profonda fede nella Provvidenza di Dio, per la quale riuscì a fare tanto bene come direttore di attività e come parroco. Con la sua fede nella Divina Providenza, con la sua testimonianza e la sua dolce capacità di persuasione riuscì a costruire il grande e bel Santuario della Madonna del Lavoro a Capão da Canoa in poco tempo, con la collaborazione di benefattori e gente del popolo.
P. Atanásio ha lasciato questa terra, dopo alcuni anni di sofferenze, accompagnato dalla fraternità, amore e attenzione dei confratelli di Porto Alegre. Sofferenze accettate con fede e docilità alla volontà di Dio. Ci lascia una bella testimonianza di Servo della Carità. Che dal Cielo ci aiuti a essere fedeli alla nostra missione di uomini di Dio in questo mondo e preghi il Signore che ci invii molte e buone vocazioni per essere buoni samaritani al servizio dei poveri.

Pe. Ciro Attanasio

Superiore provinciale della Provincia Nuestra Señora de Guadalupe

 

 

 

" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

  

Profilo di Padre Giuseppe Minuzzo scritto da Don VINCENZO ZOLLA e don CESARE PEREGO

 

Nato a Vallonara di Marostica (VI) il 16 gennaio 1932
Noviziato a Barza d’Ispra dal 24 settembre 1962
Prima Professione a Barza d’Ispra il 24 settembre 1964
Professione Perpetua a Chiavenna il 24 settembre 1966
Sacerdote a Como il 20 dicembre 1969
Morto a Nuova Olonio di Dubino il 19 gennaio 2020
Sepolto nel cimitero di Nuova Olonio (SO)

Don Giuseppe Minuzzo è nato il 16 gennaio 1932 a Vallonara di Marostica, ridente paese delle Prealpi Venete, in provincia e diocesi di Vicenza. La terra di origine gli ha donato l’inconfondibile accento veneto, che lo ha sempre accompagnato, anche se gran parte della sua vita si è spesa in Lombardia. I suoi genitori furono Vittorio e Maria Gina Cantoni; la famiglia fu ricca di fede e di quattro figli, tre fratelli e una sorella; tra i fratelli ricordiamo Giulio, che seguì don Giuseppe nella vita guanelliana e che lo precedette di un anno nella Casa del Padre, il 31 gennaio 2019. Don Giuseppe abbracciò la vita religiosa a venticinque anni, una età un po’ avanzata e non secondo le consuetudini del tempo. Prima dovette aiutare col lavoro la famiglia e poi per 23 mesi la Patria, con il servizio militare, che svolse dal 1951 al 1953 a Belluno. Un ufficiale dell’esercito, che ne apprezzava la fedeltà e il senso del dovere, lo volle come attendente a Torino: rimase al suo servizio per alcuni anni. La vita militare non intaccò minimamente la sua solida fede cristiana ereditata in famiglia. Le circostanze lo condussero poi a Como dove frequentò il convento dei frati Cappuccini e conobbe don Silvio Riva, grande animatore in diocesi dei giovani di Azione Cattolica, molti dei quali da lui indirizzati verso il sacerdozio e la vita religiosa, in particolare guanelliana. Don Silvio Riva, presentandolo ai guanelliani il 27 giugno 1957, insisteva con il direttore della nostra Casa di Como perché lo si accogliesse, usando queste precise parole: «Veda di considerare la cosa: è una vocazione buonissima da non lasciar passare. È collaudata già molto bene. Penso che riuscirà benissimo, anzitutto per la eccellente preparazione spirituale, poi per la forza di volontà e la diligenza. Lo affido a lei: Giuseppe è un dono di Dio». Così nel 1957, venticinquenne, entrò nel seminario minore di Anzano del Parco per frequentare le medie e poi il ginnasio, avendo come compagni di classe ragazzi molto più giovani di lui. Lo aiutò il fatto di essere piccolo di statura e persona di grande semplicità e disponibilità. Nel settembre 1962 entrò in noviziato presso la Casa Don Guanella di Barza d’Ispra, dove emise la prima professione religiosa il 24 settembre 1964, completando gli studi liceali fino al 1966 quando, esentato dal biennio di tirocinio, iniziò a ottobre nella Casa di Chiavenna gli studi teologici con altri compagni di seminario. Qui emise la professione religiosa perpetua il 24 settembre 1968 e saliva i gradini del ministero sacerdotale, ricevendo prima gli ordini maggiori e poi l’ordinazione sacerdotale a Como il 20 dicembre 1969. Poté così finalmente dare inizio al suo servizio fedele e costante nelle case guanelliane là dove veniva chiamato dall’obbedienza, col fermo proposito di essere il riflesso della misericordia di Dio. Un primo triennio, dal 1970 al 1973, lo trascorse presso la Casa di Gino a Lora-Como nella cura dei giovani disabili mentali lì ospitati. Poi don Giuseppe fu incaricato dell’attività educativa tra i ragazzi, in una prima tappa trascorsa nel piccolo Collegio di Duno Valcuvia dal 1973 al 1978, poi nell’Istituto San Luigi di Albizzate dal 1978 al 1983. In seguito il suo servizio fu indirizzato prevalentemente alle persone anziane. Fu superiore della Casa di riposo di Castano Primo dal 1983 al 1988. Fu poi inviato come superiore a Nuova Olonio dal 1988 al 1994. Durante quest’ultimo sessennio don Giuseppe accompagnò il passaggio della Casa Madonna del Lavoro da una gestione autonoma delle persone anziane e disabili all’odierna conduzione in stretta collaborazione con la regione Lombardia. Furono così poste le basi degli attuali servizi: la RSA: residenza per persone anziane; l’IEAH (poi RSD): residenza sanitaria per persone disabili; il CSE (poi CDD): servizio diurno per persone disabili. Contemporaneamente, in dialettica collaborazione con l’economo della Casa don Guido Dall’Amico, portò avanti importanti ristrutturazioni in vari padiglioni: nuovo padiglione di laboratori dopo l’incendio della stalla (1988), rifacimento del padiglione A per l’IEAH (1992), inizio dei lavori (1994) per la ricostruzione della RSA che sarebbero terminati nel 1999. In seguito i superiori inviarono don Giuseppe alla Casa Don Guanella di Barza d’Ispra, dove rimase dal 1994 al 2001: prima 5 anni come superiore, poi come economo. A Barza soprattutto offrì, a chi lo accostava, la sua esperienza spirituale nel ministero sacerdotale e nella delicata attenzione al Sacramento della Confessione. Qui in particolare ereditò e portò avanti il ministero carismatico iniziato da don Armando Budino (ex Superiore generale 1964-72, morto il 24 settembre 1993) nei confronti delle persone ammalate e dei loro parenti: li riceveva alla spicciolata ogni giorno, ma soprattutto, una volta al mese, durante una frequentatissima celebrazione che si concludeva con una commovente benedizione di ciascun ammalato. Conclusa la permanenza a Barza, per un anno fu presente nell’Istituto Alessandro Manzoni di Lecco dal 2001 al 2002 e da lì venne nuovamente alla Casa Madonna del Lavoro (era il settembre 2002) senza più allontanarsene. In questi 18 lunghi anni di permanenza fu a lungo primo consigliere e addirittura, durante tre anni di transizione (2009-2012), superiore della comunità. Ma la sua figura discreta e silenziosa si caratterizzò soprattutto per l’attenzione alle persone e ai loro bisogni spirituali. Ricordiamo la sua disponibilità quotidiana ad accogliere coloro che desideravano confessarsi: molti da Nuova Olonio, dai paesi vicini e dal Varesotto, gli chiedevano questa disponibilità. Nel medesimo tempo stava accanto agli ospiti della Casa Madonna del Lavoro, al personale e ai confratelli, con una presenza semplice, saggia, di poche parole, ma sempre di incoraggiamento. Soprattutto la sua presenza in questa casa brillò per la luce del suo esempio. Tutti infatti hanno potuto vedere la sua preghiera costante e fedele; tutti hanno potuto ammirare la sua pazienza nel bene e nel male, nella salute e nella malattia. Infine, chi lo ha accostato in questi ultimi tempi ha potuto ammirare la sua attesa e la sua speranza, rivolta verso il Grande Incontro che egli vedeva sempre più vicino.
Il Signore lo ha chiamato al mattino del giorno della Risurrezione, domenica 19 gennaio 2020, dopo una giornata di quieta agonia. Crediamo che la sua anima abbia incontrato l’abbraccio del Padre, mentre il suo corpo riposa nel cimitero di Nuova Olonio, accanto ai confratelli che lo hanno preceduto nel sonno della pace.

 


Saluto a Don Giuseppe Minuzzo da parte del Superiore Generale, Don Umberto Brugnoni:

" In partenza per la Spagna e il Brasile affido a questo pensiero il mio desiderio che esprime a don Giuseppe, a nome del Consiglio generale, il grazie doveroso per la sua testimonianza di religioso e sacerdote guanelliano, testimonianza ricca di motivazioni spirituali e di trasparenza fedele del dire e dell’agire di Gesù Buon Pastore e pietoso Samaritano.
Hai appena celebrato il 50° della tua Ordinazione sacerdotale lo scorso 20 dicembre e consapevole di quanto dono ti investiva il Signore con l’Ordine Sacro, cinquat’anni fa scrivevi sulla immaginetta ricordo una frase intensa e impegnativa di Sant’Agostino: “O grande dignità del sacerdote nelle cui mani, come nel seno della Vergine Maria, s’incarna il Figlio di Dio”.
Grazie don Giuseppe, la tua vita sacerdotale ha sempre fatto risplendere questa dignità, davvero anche tu come Maria, hai lasciato trasfigurare dal tuo sacerdozio quello di Cristo offrendoci la sua Parola e il suo esempio nel tuo dire e nel tuo fare.
Don Silvio Riva presentandoti alla nostra Congregazione il 27 giugno 1957 insiste con il direttore della nostra Casa di Como perché ti accolga con queste parole: “Veda di considerare la cosa: è una vocazione buonissima da non lasciar passare. E’ collaudata già molto bene. Penso che riuscirà benissimo anzitutto per la eccellente preparazione spirituale, poi per la forza di volontà e la diligenza. Lo affido a lei: Giuseppe è un dono di Dio”.
Caro don Giuseppe la Congregazione ti è grata per quanto hai fatto risplendere in mezzo a noi, nelle varie comunità che ti hanno visto confratello, superiore, direttore, animatore e sofferente. Il tuo passaggio tra di noi, nella Congregazione dei Servi della carità è stato davvero un dono di Dio che ci sprona tutti alla vita di preghiera, di raccoglimento, di solitudine riempita della presenza di Cristo, di servizio.
Grazie per essere stato un progetto di Dio portato a compimento con la tua adesione convinta e partecipata. Siamo orgogliosi di te come confratelli!
Riposa in pace e prega per noi perché possiamo continuare ad essere “mendicanti di Dio” e “ricercatori della verità” nel cammino della nostra vita terrena, superando le difficoltà e gli ostacoli che spesso ci impediscono di stare con il Signore.
Grazie don Giuseppe! "
Per la tua Famiglia religiosa.

Padre Umberto.