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" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a Ebenator, IMO, Nigeria, il 16 maggio 1985
Noviziato a Nnewukwu, dal 14 agosto 2008
Prima Professione a Nnewukwu, il 15 agosto 2009
Morto all’Ospedale di Alessandria (AL), il 6 luglio 2016
Sepolto nel Cimitero di Como

 

Mercoledì 6 luglio 2016 alle ore 12 mentre giocava con i ragazzi della Casa dell’Angelo di Genova nel laghetto del Lemme portava a termine la sua vita un giovane seminarista guanelliano proveniente dall’Africa: Emeribe Chikwado Achillus. Aveva 31 anni. Era figlio della terra africana, della Nigeria e da tre anni era in Italia per seguire quella chiamata che il Signore gli aveva rivolto anni addietro: vieni e seguimi e ti farò felice pescatore di uomini. Achillus era nato a Ebenator, Imo State, in Nigeria il 16 maggio 1985 da papà Late Mr. Godwin Emeribe e da mamma Mrs. Paulina Nnokwutem che avrà una influenza meravigliosa nella storia della sua vita e della sua vocazione. Dalla famiglia riceve una educazione seria e una preparazione cristiana sia come dottrina che come pratica di vita anche se a carattere tradizionale, ma sincera e profonda. Frequenta la sua parrocchia con assiduità e impegno perché nel servizio all’altare trova la sua gioia di bambino e il senso del suo dovere di cristiano. Sostenuto da sua madre coltiva nel suo cuore il desiderio di farsi sacerdote e di mettere a disposizione di chi ha bisogno la sua vita e il suo servizio. Risponde ad un invito vocazionale dei nostri confratelli di Nnebukwu che lo chiamavano a fare una semplice esperienza di conoscenza e di condivisione del nostro carisma. Condivide questa esperienza con altri 13 giovani come lui. Alla fine ne rimarranno solo 8 tra i quali Achillus. Ne raccoglie uno stimolo così profondo di benessere umano e spirituale che ritornato in famiglia confida subito ai genitori la sua volontà di continuare la ricerca e l’approfondimento di quello che il Buon Dio voleva da lui in questa nostra realtà guanelliana, al contatto con i nostri Buoni Figli ritenuti da subito per lui grandi mediatori di serenità e di pace interiore. Ne riceve la benedizione e allora parte subito lasciandosi coinvolgere in questo progetto con entusiasmo e impegno. Lascia la sua famiglia numerosa per entrare in un’altra famiglia più grande nella Casa formativa a Ibadan prima, e poi a Nnebukwu per il noviziato, in quella comunità che aveva fatto scattare nel suo cuore la convinzione che Dio lo voleva proprio lì, accanto ai Beniamini della Divina Provvidenza, o Buoni Figli, come li chiamava san Luigi Guanella, ragazzi portatori di disabilità che rendono l’ambiente vivace e chiassoso: una vera famiglia, impronta di quella lasciata a Ebenator. Gli anni del discernimento, dell’aspirandato e del noviziato scorrono veloci e sereni e sarebbero stati anche felici se l’esperienza del dolore più atroce e profondo non fosse venuto per ben due volte a bussare al suo cuore generoso di figlio. Deve fare la tristissima esperienza di non avere più al suo fianco prima il padre e poi la madre. Dio li chiama a sé troppo presto per il suo ancora iniziale cammino di sequela. La madre lo lascia proprio all’inizio dell’anno di noviziato quando è forte dentro di lui la volontà di consacrarsi per sempre e totalmente al Signore. Dio gli chiede davvero tutto, senza riserve e sconti. Confiderà lui stesso in seguito che ha saputo vivere e superare l’immane dolore di queste esperienze grazie proprio ai ragazzi di Nnebukwu che hanno fatto di tutto per riempire la solitudine del suo cuore di figlio orfano. Resterà impressa, da questo momento, nel suo stile di vita la convinzione che chi ci vive accanto al di là della parentela o meno, al di là se sono sani o malati, sono nostri familiari e nostri maestri di vita. Una delle sue frasi più comuni sarà proprio quella di chiamare i suoi compagni di cammino: maestro. L’altro: maestro per la mia esperienza di sequela di Cristo. Riecheggiano chiaramente quei bei passi delle nostre Costituzioni da lui incrociati proprio in quelle prime battute del suo cammino vocazionale, il n. 19 e il n. 20: «Uniti da vincoli così profondi, ci apparteniamo vicendevolmente: il nostro bene più caro sono i membri della comunità...Ci amiamo a imitazione di Gesù di un amore che riconosce» (19). «Anche se limitati e fragili, tutti usiamo le migliori energie per creare un ambiente adatto a favorire lo sviluppo di ciascuna persona secondo la grazia, i doni di natura e le intime aspirazioni del cuore. A sua volta ognuno...concorre attivamente alla crescita della comunità con i talenti ricevuti e si adopera a progredire in una vita santa» (20). I suoi formatori fin dall’inizio leggono in Achillus doti belle e positive che lo accompagneranno e lo caratterizzeranno poi sempre nel suo percorso formativo: «Ragazzo che gode di buona salute, di buona intelligenza e capacità di riflessione. Amante del calcio e buon portiere. Ha un forte temperamento, che lo porta a volte a esprimere il suo pensiero in modo deciso anche se ha poi buona maturità e umiltà sufficiente per ascoltare e accettare correzioni e idee altrui. Persona responsabile e fedele al lavoro assegnatogli. Impegnato con i ragazzi in carrozzella ha mostrato una tenerezza e gentilezza di tratto con loro encomiabile. Servizievole e generoso. Buon impegno nello studio. Entusiasta del nostro carisma. Credo che potrà essere un buon guanelliano». Emessa la professione religiosa al termine del noviziato Achillus vive gli anni della filosofia a Ibadan riportando sempre note positive da parte dei suoi formatori che alla fine degli studi filosofici lo vogliono inviare a Roma per la sacra teologia. È un salto davvero grande e non privo di sofferenza quello di lasciare l’Africa, Nnebukwu, i fratelli e le sorelle, quello di affrontare le difficoltà della nuova lingua, della nuova cultura, della alimentazione, del clima, dell’incontro con altre culture. Rallenta un poco il suo entusiasmo, diventa pensieroso, critico. Non mancano mai però le sue caratteristiche di sempre nel gioco, nell’impegno all’Università, nel contatto con i poveri, nella pacatezza del vivere quotidiano. Questi ultimi mesi, affrontando il terzo anno di teologia, sono stati a mio parere di formatore, quelli della riscossa. È partito subito bene fin dall’inizio dell’anno: convinto che doveva impegnarsi di più, con chiarezza delle mete da raggiungere e dei mezzi che gli servivano per raggiungerle. Aveva fretta di far bene, quasi presagisse qualcosa. Era appassionato e non solo del pallone per il quale da tre anni partecipava alla Clericus Cup, torneo organizzato dal Vaticano per i chierici dei Seminari romani, ma anche dello studio di teologia, della sua vita spirituale (era esigente con se stesso e con gli altri e certi interventi in comunità ci lasciavano di stucco per la loro severità e radicalità), del suo apostolato nella Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale. Significative sono alcune testimonianze semplici raccolte dai suoi compagni tra i ragazzi e le catechiste della Parrocchia: «Ho avuto la fortuna di conoscere Achillus e di condividere con lui l’esperienza di fare Catechismo ai ragazzi; tra tutti noi un grande affiatamento e spirito di gruppo, che considero essenziali nella vita cristiana. Abbiamo lavorato insieme per raggiungere un obiettivo comune per il bene del gruppo e di tutti i componenti. Ragazzo solare, sorridente, un esempio per tutti, affettuoso, luminoso, educato, cortese. La domenica nella parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, accoglieva tutti, me compresa, con una contagiosa gioia, a me riservava un saluto speciale: “Santa donna”. Achillus era una persona speciale, era timido, una timidezza che contrastava quasi con la sua autorevolezza, fermezza, sicurezza. È stato per tutti una bella testimonianza di guanelliano. Ha lasciato a tutti un bel ricordo di sé, arrivava diretto al cuore di chi lo ascoltava, soprattutto quando ci parlava di Gesù, con una tale semplicità che poche persone possiedono. Sono certa che dal cielo ci sorride e prega per tutti noi». «Achillus: un sorriso sempre sulle labbra, era umile e molto dolce. Sapeva affrontare i ragazzi e con loro si trovava molto bene. Anche i ragazzi del Catechismo gli volevano bene e rimanevano ad ascoltarlo. Io non l’ho mai visto triste o arrabbiato, ti veniva incontro lui per salutarti ed era sempre il primo a farlo». Non mancava mai la sua presenza anche con i nostri Buoni Figli della Casa San Giuseppe di Roma dove alla domenica mattina si prestava per aiutarli ad alzarsi, fare la doccia e prepararsi poi alla celebrazione domenicale. Era amante della fotografia e per questo svolgeva il compito di fotografo ufficiale della comunità immortalando momenti belli, gioiosi e tristi della vita della nostra comunità. Avevamo costruito un rapporto intenso di stima vicendevole e di intesa su come procedere nel cammino vocazionale. Ci si intendeva subito. «Grazie papà, in uno dei messaggi che ogni tanto mi mandava sul telefonino, mi sento proprio a casa mia. Sono aumentato anche di peso perché sono sereno e contento di stare qui con voi, siete la mia famiglia». Aveva eternamente il sorriso sul volto. Difficile incontrarlo rabbuiato anche quando per qualche acciacco di salute stava giornate intere chiuso in camera e insisteva per alzarsi e uscire al più presto, all’aperto. Quest’anno 2017 avrebbe pronunciato i voti religiosi per sempre e ricevuto il dono del Sacro Diaconato preludio del Sacerdozio. Avevamo già fatto un incontro per programmare queste mete che si avvicinavano a passi così frettolosi. Poi la partenza per Genova dove il Padre Provinciale lo aveva invitato a condividere con i ragazzi della casa dell’Angelo l’esperienza dell’estate. Qualche preoccupazione, sì, ma non di troppo perché aveva coraggio e desiderava allargare le conoscenze degli aspetti caratteristici del nostro carisma. Gli veniva presentata la possibilità di vivere un tempo con i ragazzi, i giovani di una delle Case più significative della nostra Opera, come rinunciare? Eppure alla luce del dopo anche certe sue battute oggi possono suonare profetiche. Lo accompagna alla stazione della metropolitana un suo compagno fresco di patente. Nel salire in macchina si volge al compagno e sbotta: «ragazzo, non voglio salire con te in macchina, perché con te vado subito in paradiso!». La testimonianza dei primi due-tre giorni passati con i nostri ragazzi a Genova avevano già messo in evidenza la sua giovialità e capacità di giocare al pallone...stava già per diventare il loro idolo. Nella valigia che si era portato appresso predominava la presenza di scarpette da pallone, calzettoni, magliette e calzoncini. Poi quella giornata così oscura e triste. L’aveva iniziata con un atto di servizio alla comunità recandosi con Fratel Nello al mercato per l’acquisto di frutta e verdura. Tornato vuole accompagnare i ragazzi nella gita al laghetto. Gli si dice che aveva tempo di farlo, era appena arrivato a Genova e forse valeva la pena dedicare quella giornata alla visita della città e ai suoi monumenti e chiese. Niente affatto: sono venuto per stare con i ragazzi permettetemi di accompagnarli da subito. E lì Dio lo aspettava per portarselo con sé! È il primo confratello della Delegazione africana Nostra Signora della Speranza a raggiungere il cielo. Penso davvero che possa essere anche uno dei modelli da tenere in considerazione. Ha corso con la speranza nel cuore; ha superato gli ostacoli della vita e della sequela con coraggio e dedizione. Ha trasmesso generosamente serenità, gioia, impegno a chi gli è stato accanto. Perché Dio lo ha voluto con sé? Non potrebbe essere proprio perché era pronto per il cielo? Aveva già fatto la sua corsa e terminato la sua missione? Aveva già raggiunto il Suo Signore? Io credo di sì! Grazie, Achillus, per essere passato nella nostra Congregazione, nella nostra comunità e non aver occupato solo un posto, ma svolto una missione, offerto un messaggio di vita che per noi oggi diventa testamento, eredità da continuare. Guardaci dal cielo perché sappiamo anche noi sorridere sempre alla vita e accogliere quello che Dio ci fa incontrare come un dono del Suo amore di Padre. Riposa in pace! Ti vogliamo bene!

Don UMBERTO BRUGNONI


Carissimo Achillus, fratello nostro, la tua scomparsa improvvisa e inaspettata ha provocato in noi, tuoi confratelli del seminario, un profondo turbamento. La tua assenza fisica lascerà certamente un vuoto in mezzo a noi e dentro ciascuno di noi. Sappiamo bene però che quella della morte non è l’ultima parola, che il Signore della vita ha distrutto la morte e ci ha promesso la vita eterna. Vogliamo pensarti in Paradiso, avvolto da quel soave mistero d’Amore trinitario che negli anni di studi teologici hai cercato di scrutare con gioia e fatica, e che adesso potrai “vedere faccia a faccia”. Avevi passione per lo studio perché amavi Dio e avevi fede in Lui. Un detto popolare dice che quando il Signore invita qualcuno a sé chiamandolo al sacerdozio, nella sua famiglia occupa il suo posto lo stesso Signore come benedizione alla generosità dei suoi genitori. Così nella nostra Comunità e nella Congregazione il tuo posto, reso libero da quel triste sei di luglio appena trascorso, è già presenza viva di quel Dio che il Fondatore ci ha educati a considerare Padre buono e provvidente. Noi vogliamo con te oggi, in questa liturgia di risurrezione, accogliere nella fede e con speranza questi suoi disegni, a volte incomprensibili. Siamo certi che anche tu in questi anni, come afferma san Paolo, hai combattuto la buona battaglia, hai portato a termine la corsa della tua vita, hai conservato la fede nel Signore, e noi possiamo ora contemplarti coronato della giustizia di quel Padre che per tutti i suoi figli ha preparato un banchetto di felicità eterna nel suo cielo.
Vogliamo ricordarti per come sei stato in mezzo a noi: amante della vita, semplice, solare, sportivo, tenace, coerente, responsabile. Il tuo inconfondibile sorriso è come stampato nella nostra memoria, a perenne ricordo della tua presenza tra noi, e riscalda i nostri cuori nella certezza che continuerai a sorriderci anche dal cielo. Maestro! Quante volte hai usato questo appellativo per chiamarci scherzosamente, ma il vero esempio sei stato tu. Ora incontri il Maestro vero, l’unico, il Signore Gesù, sul quale hai voluto cadenzare i giorni della tua vita. Intercedi per noi presso Dio, parla a Lui di ciascuno di noi, della nostra comunità in cammino verso la consacrazione e il dono del sacerdozio, della Delegazione che ti ha mediato il dono della chiamata a seguire il carisma di don Guanella, della Congregazione che, come madre, ti ha accompagnato nella realizzazione del tuo progetto di vita e che ora ti sente intercessore in cielo. Grazie, Achillus; riposa in pace con tua madre e tuo padre, con il Fondatore e tutti i confratelli, le consorelle e i cooperatori che ti hanno preceduto nel Regno dell’amore. Maria, nostra Madre della Provvidenza, affidiamo a te Achillus, convinti che come hai fatto con Gesù anche a lui non lascerai mancare mai il sostegno della tua presenza: coraggio, figlio, ci sono io accanto a te!

I TUOI CONFRATELLI DEL SEMINARIO TEOLOGICO