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DON BRUNO BELFI è nato a Vodo Cadore il 13.06.1920 da Arcangelo e da Caterina Marchioni. Il 27.06.1920 i suoi genitori lo portano al Fonte battesimale perché diventi figlio di Dio e s’inserisca a pieno titolo nella Santa Madre Chiesa. La vita del piccolo Bruno cresce e si sviluppa come quella di ogni altro bambino; non conosciamo episodi particolari che caratterizzano la sua infanzia e della sua famiglia abbiamo solo quella nota che troviamo in una lettera di don Giovanni Calvi, superiore di Velai di Feltre, che lo definisci “poverissimo” sino al punto da non essere nemmeno accettato in seminario.

Bruno conferma con risolutezza e convinzione la sua fede nel sacramento della Cresima conferitogli da Mons. G.Cattarossi a Vinigo di Cadore il 26.03.1927. A 13 anni, il 22 settembre del 1933,  entra nella nostra Congregazione, Servi della Carità, nella casa di Fara Novarese, come aspirante. Viene accolto dal Superiore locale e Padre Maestro, don Michele Bacciarini, su presentazione di don Giovanni Calvi: “Le unisco domanda di ammissione alla prima ginnasio di un poverissimo ragazzo che mi viene raccomandato ripetutamente dal parroco e dal viciniore e lo presentano come un ragazzo veramente scelto. Non fu ricevuto dai salesiani di Belluno perché poverissimo; né dal Seminario perché ha un cugino prete…..Vuole prenderlo Lei? Ne avrei piacere perché questi paesi potrebbero dare altre vocazioni, anche laiche. Diversamente sarei costretto, se lei credesse, provarlo io, ma sarebbe un anno perduto. Se lo ammette, me lo significhi tosto con cartolina, numerandomi gli attestati necessari. Già ne tengo alcuni” (Velai di Feltre, 6 settembre 1933).

Frequenta con profitto le scuole del ginnasio, compie l’anno del postulandato nell’anno sociale 1938/1939 e l’anno canonico di noviziato nel 1939/1940. Il 12 settembre del 1940 può emettere nella nostra casa di Barza d’Ispra (VA) la sua prima professione religiosa come Servo della Carità.

Torna come educatore dei ragazzi nell’ Istituto di Velai di Feltre per i tre anni successivi  e si consacra definitivamente a Dio con la professione perpetua nella Casa di Gatteo il 12.09.1944. Nella Cappella della stessa casa è Ordinato sacerdote da Mons. C. Stoppa il 15.06.1946.

Inizia la sua missione di sacerdote come insegnate a Roma Trionfale e come addetto al ministero a Valle Aurelia dal 1946 al 1948. E’ poi inviato come I° Consigliere a Naro (AG) dal 1948 al 1951, dove l’Opera è presente con un Istituto di ragazzi e un piccolo seminario per gli aspiranti. Ritorna di nuovo a Valle Aurelia dal 1951 al 1955 come Vice Parroco. Dal 1955 al 1958 è secondo consigliere nella comunità di Ferentino (FR). Dal 1958 al 1964 è mandato nella comunità di Albizzate (VA) come consigliere del Superiore locale. Ultima tappa del suo pellegrinaggio terreno è stata la Basilica di San Giuseppe al Trionfale. Vi arriva nell’autunno del 1964, in concomitanza della solenne Beatificazione in San Pietro del nostro Beato Fondatore e vi opera nel ministero della riconciliazione e nel servizio a domicilio degli ammalati fino al 21 settembre 2000, due giorni prima della sua morte: 36 anni ininterrotti. All’alba del 23 settembre, senza dare “impiccio” a nessuno, come soleva dire lui, ha lasciato questa terra per il cielo.


 

L'eredità spirituale di don Bruno Belfi

Un prete devoto. Ha dato rilievo di tempo e di attenzione alla preghiera e alla coltivazione delle sue devozioni:

  • “alla Santissima Trinità: al Padre dei cieli per la sua infinita misericordia, al Figlio che volle svelare, nell’Incarnazione, la misericordia del Padre, allo Spirito Santo che è dono meraviglioso del Padre e del Figlio per ogni creatura che si presenta sulla sponda terrestre;
  • alla Vergine Immacolata: per la sua materna protezione;
  • all’Angelo custode: solerte suggeritore di bene sulle strade dell’esilio;
  • ai cari defunti: che non cessano mai di incoraggiare per le vie del bene” (Inno di grazie di don Bruno nel suo 80° compleanno)

Un prete fedele ed appassionato al suo ministero. Il mediatore che si da tutto per raggiungere tutti. Due i suoi impegni quotidiani:

  • la confessione: Registrava ogni programma di Radio Maria su cassette divise per temi: catechesi, spiritualità, sacramentaria, devozioni, problemi attuali, conferenze tematiche ecc. Durante gli incontri in confessionale dove non arrivava a rispondere agli interrogativi dei penitenti, saliva in camera prendeva la cassetta corrispondente al problema affrontato, la consegnava al penitente per l’ascoltasse e riflettesse personalmente e poi, eventualmente, se voleva ancora dialogare ancora con lui. Quanti giovani ha formato con questo metodo.
  • La visita agli ammalati. Ogni mese visitava circa 100 ammalati ai quali portava il dono della riconciliazione, quello della Eucaristia e a diversi anche la sua Omelia della domenica precedente che puntualmente registrava mettendo un piccolo registratore sull’ambone dove predicava.

 

Il cammino di santità di don Bruno Belfi

Don Bruno Belfi = un gigante buono

Gigante: perchéalto di statura, silenzioso, misterioso, burbero di carattere, dallo sguardo severo e poco confidenziale.

Buono:perché prete fedele, appassionato, creativo nell’offrire i frutti del suo sacerdozio ai fedele, soprattutto dal confessionale e dalla visita nelle case degli ammalati.

Nel suo Testamento spirituale don Bruno afferma che quello che è stato e ha fatto nella sua vita non deve apparire: “Non ci siano discorsi, che non aggiungerebbero nulla al lavoro svolto in tanti anni di silenzio. Di quanto resta di ciò che fu del cosiddetto mio, un bel falò, omaggio al roveto ardente che ha illuminato il mio cammino”. 

Il Vicario generale dell’Opera nell’Omelia funebre si è rivolto ai presenti che gremivano la Basilica di San Giuseppe al Trionfale: “Chiedo a voi giovani, famiglie, fratelli e sorelle qui presenti in questa Basilica, ma lo vorrei chiedere anche ai più di 100 malati che ogni mese don Bruno visitava per la confessione e la comunione mensile: chi avete incontrato quando vi siete accostati all’ultimo confessionale di questa Chiesa, in questi giorni pieno di fiori freschi e profumati? Cosa vi ha saputo trasmettere quel grande uomo che passava ore e ore seduto dentro quel confessionale? Chi aspettavate cari ammalati ogni mese nelle vostre case? Un uomo di grande dialettica, di evidenti capacità critiche, un uomo di ampia e poliedrica cultura? Sentite come lui stesso si descrive nel suo testamento spirituale. Sentite ciò che si augurava di sapervi trasmettere incontrandovi: “Povere parole, scolpite nel mio cuore solidamente come solide sono le mie montagne; contestate forse da molti, contestazioni che però non scalfiscono minimamente questo operaio di Cristo”… E si firma: “Di mio pugno: Bruno, nonché Wolfango (senza contestare l’anagrafe) Belfi, sacerdote di Cristo, di pochissimi talenti, ma tutti sfruttati con la grazia di Dio”.  Lo aveva composto il 13 giugno del 1995 nel 75° anniversario della sua nascita”.

Don Bruno appariva all’esterno come un uomo, un sacerdote, apparentemente povero, solitario, severo, chi aveva invece la grazia di conoscerlo, di entrare in sintonia con lui, lo scopriva ricco dentro perché uomo affidato a Dio; abbandonato a Dio da tutta la vita perché Lui ne facesse un canale di grazia e di misericordia che arrivasse là dove solo Lui conosceva il bisogno, l’attesa. Un uomo costruito dentro in maniera solida da una Parola, quella del Signore, che fa vivere e resistere anche contro le più forti e accalappianti tentazioni. Un uomo che ci teneva al come Dio lo vedeva e giudicava, perché era consapevole che ciò che conta nella vita di un cristiano e di un consacrato è quello che Dio pensa di te…gli altri possono farsi anche una idea sbagliata sul tuo conto, non però Dio!  Don Bruno: un uomo che ha lasciato fare a Dio nella sua vita e della sua vita.

Nel suo testamento spirituale don Bruno descrive così la sua sofferenza di tanti anni: “L’esperienza sofferta di tanti anni può avere insegnato che non è il giudizio definitivo quello degli uomini, che vivono sulla stessa strada e assaggiano gli stessi frutti, ma il fidarsi di Cristo, della sua misericordia, della sua grazia, accettando umilmente la sofferenza in tutti i suoi aspetti e forme, avvalorando con la preghiera l’offerta del silenzio. Infatti non sempre la parola ha la sua efficacia di chiarificazione: qualche volta confonde, altra disperde, altra ancora distrugge, pur ammettendo la diversità dei fini nei soggetti, già così complessi, sul piano esistenziale. La preghiera umile ricompone, a lunga gittata, le varie parti, i differenti orizzonti, concedendo la letizia del cuore, pur restando in adorazione ai piedi della croce, accanto al Crocifisso Signore, perché c’è sicurezza dell’alba di Pasqua” (Aggiunta al testo delle ultime volontà del 13.06.1995. Roma 13.06.1996).

 

Sempre dal suo Testamento spirituale cogliamo il canto del suo “magnificat” a Dio e agli uomini per il bene ricevuto lungo l’arco della sua esistenza:

“GRAZIE alla misericordia divina per tale e grande chiamata, delle infinite elargizioni in tutti i giorni di tale missione.

GRAZIE alla materna protezione della Vergine Madre, per aver custodito il cuore da tanti pericoli.

GRAZIE all’Angelo Custode, solerte e indefesso protettore dei miei passi, per la sua continua, preziosa e amorevole custodia.

GRAZIE per l’intercessione amorosa e vigilante dei miei cari defunti, sempre sui miei passi, presenti specialmente nell’ora del dolore .

GRAZIE alle mie guide spirituali che, nel silenzio, mi hanno sostenuto, guidato per le vie del Signore, perché fossi operaio solerte e generoso, anche se dotato di pochissimi talenti, dentro e fuori l’amata Congregazione.

GRAZIE alle anime prescelte da Cristo per la sua sequela, che hanno saputo ascoltare, umilmente e docilmente i suggerimenti di un povero viandante.

GRAZIE per la preghiera di tanti buoni fratelli e sorelle che nel nascondimento, senza nessuna prosopopea, hanno ricaricato lo spirito di sempre nuove energie, anche quando le malelingue cercavano di offuscare l’orizzonte, sempre sincero, addebitando errori e valutazioni arbitrarie.

GRAZIE a tutti, conosciuti e non conosciuti (che conoscerò alla venuta del Regno della salvezza), che hanno voluto addebitarsi ombre e tempeste, vere o presunte, per togliere gli ostacoli nel duro pellegrinaggio terrestre; perché il traguardo ultimo fosse sempre presente alla mente e al cuore.

GRAZIE dal profondo di me stesso a coloro che, con disponibilità evangelica, hanno speso tempo e denaro per trovare due metri di terra per il mio temporaneo riposo in attesa della tromba angelica della risurrezione.

GRAZIE anche a coloro che saranno sinceri, almeno davanti alla morte e non pronunzieranno elogi, che sanno di convenienza umana, ma sono “bugiardi”. Li ricorderò uno per uno al misericordioso Signore”.

Il suo Testamento spirituale si chiude con una preghiera ed una acclamazione:

“Una lacrima per i defunti evapora;

un fiore sulla tomba appassisce;

una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell’Altissimo” (Sant’Agostino).

E’ RISORTO, ALLELUIA! (Aggiunta al testamento spirituale, 13.06.1996).