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Un vecchio sacerdote, che per lunghi anni era stato arciprete di Villanova del Ghebbo in provincia di Rovigo, lasciata la sua parrocchia, volle finire i suoi giorni tra i Servi della Carità, pronunciando i voti.

Don Guanella l'accolse volentieri e così Monsignor Giovan Battista Baròn fece la sua professione, stabilendo poi per scritto di lasciare le sue sostanze, cinquecento lire circa dell'epoca, all'Opera Don Guanella.

Quando la cosa giunse alle orecchie dei nipoti che aspettavano a gloria quell'eredità, accusarono in tribunale Don Guanella di circonvenzione d'incapace a proprio vantaggio; anche se Monsignor Baròn era stato sì un po' malato, ma lucido di mente.

Si venne all'udienza nel tribunale di Rovigo e Don Luigi vi si recò, trovando il tempo tra le sue continue fatiche. Si sedette ad ascoltare l'atto d'accusa, l'escussione dei testi e tutte le formalità che lo interessavano poco, al punto che, data la sua stanchezza, fu preso dal sonno e dormì della grossa, quasi che quel processo non lo riguardasse.

Così le cose andarono avanti finché arrivò il momento in cui doveva parlare Lino Merlin, l'avvocato difensore, il quale si accorse che l'imputato dormiva. L'avvocato, tuttavia, cominciò la difesa e venuto alla conclusione, disse:

— Signor presidente, signori della corte e tutti quanti che assistete a questo processo, guardate, ve ne prego, il nostro imputato. Guardatelo con ammirazione e rispetto, perché questo o è il più sfrontato dei truffatori o il più tranquillo degli accusati. Egli è qui per dimostrare la sua innocenza e la dimostra senza equivoco, dormendo un sonno autentico e profondo, cominciato, come avete visto, quasi con l'inizio del processo. Come si può dormire così beatamente senza avere la coscienza a posto? Potrebbe farlo un imbroglione che sapesse d'aver fatto del male e di rischiare una pena? Questo è il sonno d'un uomo che da cinquant'anni spende la propria vita per dare sollievo alla sofferenza delle creature più misere e abbandonate: ne sono testimonianza i suoi istituti, la sua opera, la sua vita.

Ignaro del panegirico, Don Guanella se la dormiva profondamente; quando l'arringa stava volgendo al termine, l'avvocato, asciugatosi il sudore, riprese:

— Per conto mio, signor presidente, signori della corte e amici presenti, per conto mio, qui siamo davanti alla più bella prova d'innocenza che sta sopra tutte le altre: questo è il tipico, autentico, inequivocabile sonno del giusto e chiedo pertanto, per un giusto, l'assoluzione con formula piena!

Un applauso fragoroso coronò l'arringa e fece ridestare con un sobbalzo Don Guanella, il quale venne assolto con una prova inconsueta che veniva dalla Provvidenza mentre dormiva, anzi proprio perché dormiva, senza curarsi di prendere pesci.