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Passando presso l'Arco della Pace, a Milano, una gelida mattina d'autunno del 1908, Don Guanella sentì un vetturino che, prendendosela col suo cavallo, mandava una fila d'orrende bestemmie.

Don Luigi s'avvicinò e, pur non avendo un vero bisogno della carrozza, gli disse:

- Amico, volete portarmi, per favore in via Cagnola al numero 11?

Al vetturino non parve vero: lo fece salire e, con uno schiocco di frusta, mise in marcia il cavallo. Don Guanella considerò bene quell'uomo vestito poveramente, con una gabbana logora e un vecchio cappello: la faccia diceva chiaramente che doveva essere digiuno da un bel pezzo; la carrozza era sgangherata e il cavallo adamato come il padrone; una vecchia gualdrappa tutta buchi e toppe proteggeva dal freddo la povera bestia che a malapena tirava avanti.

Come furono a destinazione Don Guanella, sceso dalla carrozza, disse al vetturino:

— Volete approfittare per prendere un po' di ristoro? Con questo freddo e questa umidità ce n'è proprio bisogno... E anche il vostro cavallo forse gradirà un bel beverone caldo. Passate.

Il vetturino, per quanto imbarazzato, non seppe dire di no e Don Guanella tirò il campanello accanto al portone. S'affacciò una suora che rimase imbarazzata nel trovarsi davanti quel cavallo denutrito, quel vetturino baffuto e la faccia sorridente di Don Guanella che le disse:

— C'è qui questo mio amico che avrebbe bisogno di ristorarsi un poco. Bisognerebbe preparargli subito una bella zuppa calda, un po' di pane col formaggio e una bottiglia di vino.

Chiamò poi Andreìn Trombetta, un ospite della casa che aveva in custodia l'asina e gli disse:

— Andreìn, prepariamo un bel secchio di beverone caldo per quel povero cavallo che deve avere una gran fame.

La suora e Andreìn rimasero sorpresi ma, senza replicare, andarono a fare quello che era stato loro comandato, mentre il vetturino e Don Guanella si misero intorno al fuoco parlando. Poco dopo il cavallo ebbe il suo ristoro e il padrone fu fatto sedere a tavoIa davanti a una bella zuppa, una ruota di formaggio e una di pane.

L'appetito non mancava e sparì rapidamente la zuppa mentre il pane e il formaggio ebbero una severa lezione. Alla bottiglia fu riservata una lenta morte mentre il vetturino prendeva sempre più gusto alla conversazione e il sorriso tornava sulla sua faccia.

Finito che fu lo spuntino Don Guanella incartò le rimanenze e le dette al vetturino che si era alzato per ringraziare, di ben altro umore da quello in cui era quando aveva incontrato il suo cliente.

— Caro amico, gli disse Don Guanella, mi rendo conto che la fame è una brutta consigliera e che era proprio quella che vi diceva poco fa d'accendere tutti quei moccoli, ma fate attenzione, altrimenti insieme alla pazienza e alla salute perderete anche l'anima.

— Avete ragione, rispose il vetturino, avete proprio ragione e, credetemi, non sono quella canaglia che posso esservi sembrato. Questa vita m'ha fatto prendere una cattiva abitudine e credo proprio che dovrei far di tutto per perderla. Ve lo prometto e mille grazie di tutto.

Don Guanella l'accompagnò alla porta e lo salutò. Salito a cassetta e ripresa la strada il vetturino incontrò una donna e si fermò a chiederle:

— Ma chi è quel prete che abita in quel portone?

— Ma non lo sapete? E' il nostro Don Luigi Guanella, un santo del Signore!

— Davvero, disse il vetturino, là ci sta proprio un santo del Signore.