Inizio Celebrazione
A nome della Congregazione dei Servi della Carità, saluto anzitutto la famiglia di padre Ezio, la sorella Maria Luisa coi suoi figli e nipoti; la sua comunità parrocchiale di Sovico che ne accolse il Battesimo 73 anni fa, che ha conosciuto i suoi anni di gioventù fino all’ingresso nell’Opera don Guanella, ha esultato per la sua Prima Messa il 4 Settembre 1977 e per il 25° di sacerdozio nel 2002; lo ha rivisto quasi ogni anno per i tempi di riposo previsti dalla nostra regola, accompagnando sempre con squisita sensibilità tutti i suoi passi missionari.
Saluto anche i sacerdoti della diocesi ambrosiana che per diverse ragioni sono legati a padre Ezio; infine i membri della nostra famiglia guanelliana, i ragazzi delle nostre Case i confratelli, le consorelle e i cooperatori, venuti da diverse comunità presso le quali il ricordo di Ezio è in benedizione per quell’alone di simpatia che sapeva suscitare e per la memoria del bene ricevuto.
Omelia:
Alla luce della Parola di Dio ascoltata proviamo a cercare conforto e invito all’impegno traendolo anche dalla testimonianza del nostro confratello don Ezio, che dalla Parola di Dio si è lasciato animare nel suo servizio come pastore.
- La Lettura di Deuteronomio 24 con l’invito alla carità per il forestiero, l’orfano, la vedova, ci invita a cogliere l’attenzione del Padre per le categorie più esposte, senza protezione, per gli ultimi. Partendo da questo invito che diventa esigenza per un cristiano, un battezzato, possiamo fare memoria del cuore della missione di padre Ezio e della consacrazione guanelliana: la cura di quelli che non hanno difesa, l’esistenza di fasce a rischio in questo nostro mondo, che deve toccarci il cuore e farci cambiare la vita strappandoci all’indifferenza. Don Guanella era preoccupato specie di quelle categorie di poveri che se lui non si prendeva cura, nessuno lo avrebbe fatto, sarebbe stati lasciati, abbandonati, sempre ultimi nella società. E invece i poveri non vanno solo messi al centro delle nostre Case, delle nostre Parrocchie e delle nostre attenzioni, ma vanno collocati al centro del nostro cuore. Don Ezio lo ha toccato con mano lavorando in terre segnate da questa discriminazione tra chi ce la fa da solo e chi non ce la fa: i suoi anni in Nigeria, in Guatemala, in Colombia, ma soprattutto la quasi totalità della sua missione dedicata a quelli che don Guanella e la nostra tradizione chiamano ‘buoni figli’, i disabili mentali: esposti e a rischio se qualcuno non si prende cura di loro.
La sua paternità sacerdotale l’ha giocata tutta per loro!
- L’Epistola ai Romani ci ricorda “di chi” siamo, per che cosa, ma soprattutto “per chi” viviamo. Uno dei drammi della condizione umana è la ricerca del senso della vita, tanto drammatica che alcuni, per evitarne l’impatto, preferiscono non pensarci affatto, salvo arrivare poi davanti a una bara e trovarsi muti: dove arriva la corsa della vita umana? A cosa è servita? Che fine fa ogni progetto? San Paolo scolpisce la verità della condizione umana in poche battute: “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso; se noi viviamo...viviamo per il Signore; se noi moriamo...moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore”. È la risposta al dramma umano: molti si illudono di risolverlo dando la vita per un’idea, pur buona, per una causa nobile, per le future generazioni, per la scienza, per l’arte, per la società... Indubbiamente: si può vivere anche senza sapere perfettamente la ragione, il “perché” dell’esistenza umana, quello che è impossibile è vivere senza un “per chi”. Tutto il nostro essere cerca un Altro da amare e da cui essere amato. Questa è la ragione che ha mosso don Ezio. Quello che ha vissuto l’ha vissuto per Cristo amato, celebrato e servito e ora, nella morte, è di Cristo come lo è stato nella vita. Che grande provocazione in questa Quaresima il giorno di oggi, davanti ai resti mortali di don Ezio, un missionario che ha consumato il suo respiro fino all’impossibile! Questa offerta senza risparmio per Cristo chiede a ciascuno di noi: e tu per chi vivi? Per chi morirai? Di chi sei? La tua vita, alla radice, a chi appartiene?
- Il Vangelo di Matteo con la controversia fra Gesù e i farisei a proposito delle prescrizioni sul Sabato offre l’occasione a Gesù per ribadire la linea del Padre. Non una linea nuova, ma quella eterna, quella di sempre, quella che facilmente dimentichiamo e barattiamo per scelte più facili e più comode: la misericordia. “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Citando il profeta Osea, Gesù risponde all’attacco provocatorio e getta luce sulle preferenze del Padre: non gradisce i sacrifici, non gli si può dare lode attraverso regalucci anche costosi. Lui vuole la misericordia, perché Dio è amore e chiede amore. Sull’amore ha creato l’universo e sull’amore vuole che si regga l’intera scena umana. Lo aveva intuito il nostro Fondatore don Guanella quando ci indicò come programma di vita le opere di misericordia e volle chiamarci Servi della Carità: per dare da mangiare e da bere ai suoi poveri, dare una casa, istruire, vestire, visitare, confortare, curare, fare famiglia con loro... Padre Ezio ne ha fatto il programma dei suoi giorni e oggi siamo qui a lodare Dio con lui e per lui.
Da tutto il suo percorso emerge una personalità semplice e per nulla eccezionale, ma con dei tratti che possono farci bene e stimolarci alla santità in questo cammino verso la Pasqua:
- un carattere essenzialmente cordiale e simpatico. Sì, capace di suscitare simpatia, gioviale, allegro, spensierato. Mi pare un dono grande in tempi di lamentele e di pessimismi, in climi tesi e di fazioni. Certo, non si trattava solo di una bella predisposizione naturale, ma della passione per la fraternità che Ezio ha vissuto nel suo cammino come volontà di Dio. Vivere da fratello, trattare gli altri da fratelli, con autenticità, senza giocare a fare i fratelli. Il tutto con un tratto allegro che smussa, ridimensiona, alleggerisce ...
- una scelta di povertà effettiva quella di Ezio: non era ricercato in nessuna delle sue manifestazioni, ha sempre gestito tante offerte, (anche quelle vostre di Sovico) per i bisognosi. La famosa cassa dos, dove la sinistra non sapeva quella che aveva messo dentro la destra, ma che davanti a miserie e necessità al fondo c’era sempre una sua partecipazione. Non si è mai arricchito personalmente e non ha arricchito nessuno se non i piccoli del Signore. Nelle sue stagioni con i disabili ogni anno li portava a fare vacanze ed erano delle signore vacanze, dovevano anche i suoi ragazzi sperimentare la rottura della routine e permettersi il lusso di prendere il caffè seduti ai bar di Piazza San Marco a Venezia. Anche questo era un cammino di riscatto e di riabilitazione dalla vergogna e dalla differenza.
- quest’ultima stagione della sua vita sacerdotale e religiosa, vissuta a Santiago de Compostela, è stata la sua ultima vittoria: sulla malattia o meglio sulle malattie che dieci anni fa erano venute a bussare alla sua porta tutte insieme e tutte con una certa violenza, tanto da costringerlo al ricovero forzato. Ecco: dieci fa, proprio dopo il fatidico anno 2009 che aveva segnato il suo Calvario di salute, accoglie l’ultima sfida: rimettersi ancora in gioco e partire di nuovo alla volta della Spagna, che era stato il suo primo amore con i disabili di Palencia. E lì ringiovanire, tra i pellegrini del Cammino di Santiago che gli raccontavano le loro storie e chiedevano il dono dei Sacramenti, tra la gente delle nostre Parrocchie che l’hanno davvero amato anche a partire dalla sua fragilità, e tra diversi confratelli molto giovani per i quali era amico, padre, nonno...
Mi pare straordinaria questa reazione all’abbattimento: non aveva più forze e non aveva molte prospettive, ma si è donato con fiducia, senza lasciarsi abbattere e condizionare e la Provvidenza gli ha regalato dieci anni di gioia e di missione. Davanti alle tristi vicende che stiamo vivendo a causa del covid non ci dice niente il riscatto di questo nostro confratello e vostro cittadino?
Vorrei che insieme ascoltassimo ora la sua parola. Un articolo da lui scritto per il 25° di sacerdozio nel 2002. Il titolo dell’articolo suona “il vescovo dei poveri”; questo titolo glielo avevano dato loro, i suoi ragazzi, appunto al suo 25 di sacerdozio regalandogli come segno del loro amore: una croce pettorale, un anello e una veste rossa. Gli volevano un mondo di bene e cosa potevano coltivare nel loro cuore questi suoi figli e amici se non che anche il loro “don” arrivasse così in alto? Don Ezio era avulso da questi riconoscimenti, stava alla larga, avrà fatto delle fragorose risate davanti a questa trovata, ma poi pensando che erano i loro auguri, scherzosi sì, ma sinceri li ha accettati e li ha commentati con gioia nel suo discorso: “La mia carriera è stata quella di vivere e stare con le più alte autorità della chiesa e soprattutto del Vangelo: i poveri, le persone che sono portatori di capacità differenti e che chiamiamo disabili psichici….Ho veramente goduto in questi anni di stare con loro!......Ho avuto dei riconoscimenti: ho sul petto una croce d’oro con dei diamanti che sono tante piccole e tenere testoline di questi portatori di qualità differenti che si sono appoggiate sul mio petto e sul mio cuore….Ho anche un anello al dito che col tempo non riesco più a togliere ed è diventato un segno di continuità per le tante mani che hanno trovato le mie, per il sostegno al loro difficoltoso camminare, per dispensare alimenti a chi doveva essere imboccato e per la preziosità dei corpi che ho lavato, curato, vestito…….Mi dimenticavo della veste rossa che posso portare! Il rosso è il colore del sangue, della vita, dell’amore. Quanta vita e quanto amore ho ricevuto da queste persone che chiamiamo deboli mentali e che sono invece forti. Forti nel volere vivere pienamente la vita, capaci di non perdere nessuna sfumatura e forti per la profonda conoscenza dell’amore, della relazione, della comunione…..Mi sono pienamente appagato, realizzato come sacerdote religioso guanelliano e grazie alla carriera ecclesiastica ora anche come “vescovo dei disabili”. Ringrazio il Signore per tutto e per avermi chiamato a servire loro i migliori dell’umanità” (Lettera di don Ezio Canzi per il 25° di sacerdozio, 2002).
Grazie don Ezio per il tuo passaggio rapido, ma sostanzioso, nella nostra storia di uomini e di guanelliani. Raccogliamo la tua eredità di premura e vicinanza agli ultimi che, poi, sono “i primi” del Vangelo. Don Guanella è fiero di te e saprà, nell’incontro eterno, rivestirti della veste nuziale adatta per partecipare al Banchetto che Dio ha preparato fin dalla eternità per chi lo ha amato e servito nei più poveri.