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Cari confratelli,
Nell’imminenza della Festa liturgica del nostro santo Fondatore, don Luigi Guanella, insieme agli auguri per una celebrazione devota e ricca di inventive che ognuno di voi porrà in cantiere nella sua comunità e missione, vorrei raggiungervi anche con una esortazione, che sembrerebbe scontata, ma è quanto mai urgente invece per il tempo nel quale viviamo, tempo di verifica, alla luce della santità del nostro Padre Fondatore, della nostra santità personale e comunitaria. La Chiesa da tempo, e papa Francesco in modo tutto particolare, ci sta spronando a ripensare la santità della nostra vita di consacrati a partire dalla umanità; ad abbandonare metodi, comportamenti, segni che oggi risultano incomprensibili alle persone con le quali viviamo, a rivestire il nostro stare presenti nel mondo degli uomini e delle donne di oggi, di caratteristiche che possono diventare un percorso comprensibile e fruibile per il nostro tempo e siano in grado di dare risposte valide all’attuale domanda di senso che alberga nel cuore dell’umanità.
Certo molti si meraviglieranno: ma come non vale più lo stile di vita consacrata dei nostri padri? Quella che stiamo offrendo, magari anche con fatica e tante delusioni alla gente di oggi? La risposta, anche se fa male, è no! Non è più sufficiente, occorre adeguarla ai bisogni dell’uomo di oggi perché sia una risposta, un orientamento, un tracciato per la loro santità. Non basta più nel modo che si è sempre vissuto la missione della vita consacrata, non basta continuare a parlare un linguaggio di segni, di comportamenti, di idee che la gente oggi non comprende più. Anche noi, come gli altri istituti religiosi, dobbiamo essere capaci di annunciare con la nostra vita che siamo sempre e più che mai con don Guanella, ma non come don Guanella. Il mondo oggi richiede da noi altri messaggi e la povertà di risposte vocazionali anche nelle nostre Province, ormai in tutte, si inizia, infatti, a riscontrarla anche in Africa, in India, dove fino ad ora sembrava che tutto stesse procedendo bene, potrebbe anche essere motivata da questa incomprensione di linguaggio tra noi e l’uomo di oggi.
Vi accenno solo i risultati propositivi di uno studio su questo tema che la rivista Testimoni di ottobre ha ospitato sulle sue pagine come “Nuove prospettive di vita spirituale”. Lascio a voi la lettura di analisi e di confronto nelle rispettive comunità, e lo ritengo un dovere anche per noi guanelliani, e mi limito a riportare i consigli conclusivi per tentare un dialogo comprensivo con la gente di oggi. In Italia con la legge del Terzo settore1 stiamo studiando le modalità nuove di come gestire le opere e le strutture. Sono convinto che sia una occasione propizia per partire dalle nostre comunità religiose in questa reimpostazione della nostra missione di consacrati. Chiedo al Fondatore che come regalo nella sua festa ci dia la capacità di credere necessario questo cambio e di dare il nostro contributo, anche piccolo, perché ciò avvenga anche nella sua congregazione.

Connotazioni di un nuovo paradigma di santità:

1). Incontrare le persone nelle loro strade. Papa Francesco ci ha invitati più volte: “uscite” per poter “incontrare”. “Questo sta a dire che oggigiorno sono attrattive quelle forme discepolari che portano a essere integrati fra la gente, facendo posto a nuovi temi della vita, della felicità, libertà, vulnerabilità, sensibilità, tenerezza, con modelli di comunione che assumono le caratteristiche e i valori umani e religiosi del territorio in cui ci si colloca” (M.D. Chenu). A partire da questa condivisione alla Vita Religiosa è data la possibilità di attualizzare il suo irrinunciabile ruolo all’interno del popolo di Dio.

2). Ritenere la spiritualità un laboratorio di umanità riuscita. Spirituali sono allora quelle forme di vita che a partire dal Vangelo portano ad essere persone dal cui modo di vivere traspaia che credere non è farsi imbrigliare l’umanità, la vitalità, la bellezza, la spontaneità ma semmai farle esplodere in pienezza.

3). Avere capacità di suscitare un atteggiamento di stupore e meraviglia. Come la prima comunità di Gerusalemme. Dobbiamo saper aiutare la gente a rimuovere l’idea che le virtù vitali siano il mettersi da parte, la sottomissione, l’ascetica dolorifica, il disprezzo dei beni, la paura di amare, la rigidità legalista. Non è la distruzione dei valori sui quali è cresciuta la nostra formazione, ma il renderli accettabili attraverso uno stile di vita serena, che infonde meraviglia, stupore, interesse e non genera paura e incapacità di imitazione perché troppo lontana e difficile alla comprensione del giovane di oggi. Accompagnare con l’esempio mi sembra il verbo più adatto.

4). Ideare spazi di ospitalità dei nuovi temi della vita. Ad esempio, quelli della felicità, della libertà, della sensibilità e nello stesso tempo indicare alla gente alcune delle virtù sociali più urgenti, quali responsabilità, giustizia, salvaguardia del creato, tolleranza, pace. Sono temi che il Papa invoca spesso. Quale sostegno stiamo dando noi guanelliani con la nostra vita di consacrati e la nostra missione di buoni samaritani su questi temi proposti a tutta l’umanità dalla chiesa?

5). Essere rivoltosi lì dove si gioca la famiglia, l’educazione, la carità, la promozione della persona, la politica, l’economia, ovunque si gioca la salvezza non solo delle persone ma anche delle istituzioni. È quanto Papa Francesco chiede oggi alla Vita Religiosa. Forse nella nostra storia di congregazione generalmente non abbiamo mai coniugato questo aspetto, abbiamo sempre preferito essere uomini di pace, di tranquillità, di attesa del sereno. Ma i profeti che sono stati “voce forte” del Vangelo a fianco dei poveri ogni tanto sono sorti anche tra i guanelliani. Vi ricordo don Antonio Ronchi, che nel profondo del Cile ha smosso le montagne per far sentire la voce degli ultimi ai grandi della storia e a suo modo ha sempre ottenuto risposte e attenzione.

Certo queste caratteristiche non significano buttare all’aria il nostro carisma originale, certamente no! Ma se le nostre comunità fossero davvero aperte al territorio dove sono collocate e offrissero nella testimonianza personale e comunitaria disponibilità a queste provocazioni esterne, senza ritenere che per noi basta quello che facciamo all’interno dei nostri servizi, penso che questo risveglio che tutti si augurano della Vita Religiosa ricomincerebbe a risplendere anche nella nostra Congregazione.
Nella visita canonica e nelle visite alle comunità fatte in questi due anni ho notato già dei tentativi belli e significativi di far germogliare qualcosa di nuovo. Avanti con decisione e buona volontà! La chiesa ci sta dicendo che questa è la strada giusta per vivere il nostro carisma, attuale più che mai, perché dono di Dio a servizio dell’uomo di oggi.

Colgo l’occasione per ringraziare ciascun confratello per la sua testimonianza e impegno a vivere il carisma e la missione guanelliana. Grazie confratelli a nome del Fondatore!
Grazie ancora a tutti per quello che farete ancora, auguri a voi, alle Suore e Cooperatori, ai vostri collaboratori e a chi popola le nostre Case riponendo la fiducia in noi.

Buona Festa di don Guanella! Sia lui a benedirci e sostenerci con la sua protezione.

 

 

 

 

 1. Il terzo settore si compone di soggetti organizzativi di natura privata che, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale promuovendo e realizzando attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.

 

 

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