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Cari Confratelli, Cooperatori e Amici,
a voi, ai membri della famiglia guanelliana che condividono la nostra missione, alle persone che vi sono affidate o con cui collaborate, voglio far arrivare un saluto in questo primo giorno di Quaresima.
Il Vangelo di oggi, riportando il pensiero di Cristo sulle tre pratiche fondamentali della spiritualità giudaica, ripete in forma martellante la nota espressione: “il Padre tuo che vede nel segreto”.
La Quaresima è il tempo in cui riappropiarsi di questa luce di fondo dell’esistenza umana, senza la quale la vita diventa una recita, la ricerca spettacolare di qualche approvazione.
Il Padre, il Padre che vede, il Padre che vede ogni cosa.
Per noi guanelliani questo è il cuore di tutta la nostra vocazione, vivere per il Padre e davanti al Padre.
La vita del Fondatore si svolse con questa fiducia di base, del figlio amato e seguito dal Padre, ma anche del figlio che intuisce i desideri del Padre e va oltre il mero dovuto.
La Quaresima ci aiuti a orientare tutto di noi in questa tensione di piacere al Padre, che suppone tanti tagli. Questa è la famosa conversione in cui si gioca tutta la vita del discepolo, dire il proprio sì al Padre e tutti i no che ne conseguono.
Ma la Quaresima chiede un atto coraggioso e umile, quello di cominciare da se stessi, riconoscendo la nostra colpa di partenza.
Quanto cambia la vita dei consacrati quando accolgono questo invito della liturgia quaresimale come regola! Cominciare da sè.

Non abbiamo vocazioni? Forse anch’io in qualche modo non sono un buon testimone.
Non abbiamo soldi? Forse anch’io non vivo poveramente.
Ci sono scandali? Forse anch’io qualche volta vivo una doppia vita.
Si prega poco? Forse il mio tempo per Dio è minimo, risicato, poco fruttuoso.
Ci sono conflitti in comunità? Forse io non sto impegnandomi nel costruire la comunione.
Regna il pettegolezzo? Forse la mia lingua qualche volta non conosce freno.
Siamo mediocri? Forse anch’io faccio il minimo indispensabile.
Manca la speranza? Forse anch’io vivo ormai seduto e rassegnato.
Non c’è aria di gioia? Forse anch’io non trasmetto la letizia dell’essere di Cristo.

E così in un lungo esame di coscienza, ognuno di noi, cari confratelli, potrebbe far passare la sua vita in questa Quaresima, prima attraverso il tribunale esigente del proprio cuore e poi nel dialogo sacramentale della penitenza. La chiave evangelica per leggere tutto è che il male più pericoloso viene da dentro, non da fuori.

Questo passaggio obbligato attraverso se stessi è una grazia che purifica ogni ambiente e forse così si finisce di accusare gli altri, di contestare strutture e organismi, gridando solo i nostri diritti.

La nostra è vita di grazia, dove non ci sono diritti e tutto è dono, dono del Padre che non ci dimentica e non ci rifiuta mai la sua benignità, anche se lo abbiamo deluso infinite volte. Il passo di san Clemente I, papa, che la Liturgia delle Ore di quest’oggi ci ha fatto contemplare, è stupendo: “Anche se i vostri peccati dalla terra arrivassero a toccare il cielo, fossero più rossi dello scarlatto e più neri del silicio, basta che vi convertiate di tutto cuore e mi chiamate “Padre”, ed io vi tratterò come un popolo santo ed esaudirò la vostra preghiera”.

A tutti ricordo l’importanza che don Guanella dava alla VIA CRUCIS non solo nella devozione del popolo, ma per la crescita spirituale dei suoi religiosi, ai quali chiedeva di celebrarla ogni giorno, perché la meditazione sulla Passione ci ricorda che anche il Signore Gesù ha cominciato da sé nell’opera della restaurazione del mondo. Fate, dunque, al riguardo tutto quello che potete!

Buon cammino di Quaresima, confratelli, a voi e a chi vive con voi.
Con affetto fraterno.

Roma, 26 febbraio 2020 – Mercoledì delle Ceneri

Padre Umberto