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Cari Confratelli,
Si avvicina la data a noi cara della Vigilia dell’Annunciazione e vorrei orientare l’attenzione di tutti noi a quel momento che la tradizione ha scolpito come pietra miliare della nostra piccola storia di Congregazione, il 24 marzo 1908.
Nel 1928, ricordando il ventesimo anniversario di quell’evento, don Mazzucchi ricordava commosso i sentimenti di quella “notte non più dimenticata”, lui che era il più giovane dei dodici confratelli che professarono, avendo solo 24 anni di età e poco più di due anni di ordinazione.

I sentimenti del Fondatore, al di lá delle circostanze
Non voglio ricostruire gli eventi dal punto di vista storico perchè non è il mio campo di riflessione e rimando per questo ad alcuni studi già noti e in parte pubblicati, a firma di don Bruno Capparoni, di don Nino Minetti, di Suor Michela Carrozzino, di Fabio Pallotta, e altri prima ancora, tutti pregevoli e dettagliati.
Credo, tuttavia, che dovremmo dedicare maggiore attenzione e una ricerca più mirata allo sviluppo storico della nostra Congregazione sotto il profilo interiore del Fondatore.
Se è interessante seguire lo sviluppo esteriore degli avvenimenti che portarono dopo non poche fatiche e sofferenze, alla professione dei voti religiosi di quella sera del 24 marzo 1908, mi pare molto più utile rintracciare la risonanza interiore di quei giorni nell’animo del Fondatore. L’epistolario di don Luigi, soprattutto nel carteggio con il redentorista padre Claudio Benedetti, e il n. 18 della collana Saggi storici, che anch’io ho appena riletto, ci offre una pista privilegiata per intravedere come il Fondatore attraversava le prove del cammino e intuire la luce che lo guidava, a dispetto delle contrarietà, dei dispiaceri, delle strettezze di vedute di molti suoi contemporanei.
Quello che mi sorprende è che dentro una molteplicità di eventi e di incontri, non tutti benevoli, don Guanella porta a termine la sua missione. Forte della certezza del Padre, avanza contro corrente, portando a compimento la sua promessa di costruire la sua famiglia religiosa nella fedeltà alla Chiesa, dentro la Chiesa, mai fuori o contro, mai in parallelo.

L’incontro con un amico
Molto spesso così ci accompagna il Signore, col dono di un amico, così ci visita coi suoi angeli. Da anni don Luigi correva da un ufficio all’altro della Curia romana. Molte volte aveva dovuto salire e scendere le scale del nuovo dicastero per gli Istituti religiosi, a giorni euforico per le promesse ricevute e a giorni rattristato per le complicazioni che sorgevano.
Dio buono gli fece incontrare padre Claudio Benedetti, che lavorava a quel dicastero come consultore; un uomo che seppe guidare don Luigi e la congregazione nell’iter verso l’approvazione e la stabilità.
Tra i due nasce un’intesa eccezionale e nel loro carteggio troviamo rimproveri, ammonizioni, frasi anche forti, come pure delicatezze, ringraziamenti commossi e autentiche perle spirituali. La situazione si rovescia con la morte di don Guanella e padre Benedetti, che prima era guida e maestro, si trasforma in discepolo devoto e affezionato al punto di voler scrivere di suo pugno la testimonianza per i Processi perchè le cose andavano per le lunghe e lui, anziano, temeva di morire e non poter arrivare a esternare l’ammirazione per un santo.
Scrisse di don Luigi, nella sua eccezionale testimonianza, usando dieci aggettivi per noi oggi tanto utili e propositivi:

“Fino alla sua preziosa morte egli nulla fece senza il mio parere, senza il mio consiglio…
Se io, seguendo l’indole, talvolta era diffuso, egli sempre prudente, parco, ponderato; se la foga del mio dire mi portava a qualche gesto smodato, a qualche parola d’impazienza, a qualsiasi moto primo, egli sempre, nel venire, nell’andare, nel conversare, in qualunque azione, in qualunque tratto, umile, dimesso, paziente, mite, inalterabile, riconoscente, grato, esemplare tanto, che nei tanti anni che l’ho trattato, e sì frequentemente, non potrei dire di aver notato in lui una menda da correggersi, un neo…era un santo!”(Testimonianza Claudio Benedetti, Saggi Storici n. 18, pag 259).

Emerge da queste parole tutto l’animo di don Guanella ed è il punto sul quale vorrei esortare tutti. Entriamo nel suo cuore, apprendiamo il suo modo di stare in rapporto con Dio, con le persone, con i fatti della vita.
Era certamente la scuola spirituale dell’Imitazione di Cristo e di Sant’Ignazio che nei suoi Esercizi Spirituali parlava di ’indifferenza’, essere indifferenti ai propri gusti per essere obbedienti alla volontà di Dio, guardare con gli occhi di Dio e fuori da prospettive parziali.
Don Guanella aveva assimilato da quella spiritualità, che tanto lo affascinava, che lo scopo della vita spirituale e del discernimento consisteva prima nel liberarsi dagli affetti disordinati e solo dopo nel disporsi a cercare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita.
Per un buon discernimento l’indifferenza, che si ottiene morendo un poco ai propri desideri, è necessaria, altrimenti -dice l’Imitazione- la tristezza è alla porta per ciò che non si ottiene, si può diventare aggressivi se qualcuno si oppone a noi e non ci accontenta. In altre parole si diventa schiavi e si rischia di parlare e agire -dice Sant’Ignazio- secondo lo spirito malvagio e non secondo lo spirito buono.
Chiedo a tutti voi, cari Confratelli, specie in questo tempo quaresimale, di riflettere insieme con me su questa operazione di liberarsi dagli affetti disordinati per raggiungere una sana indifferenza che non è passività, ma libertà perchè significa dire no a certi desideri che ci assillano e ci tengono in schiavitù, come le nostre visioni esasperate, i capricci, i puntigli, le ambizioni smodate che possono rivelare un desiderio di potere, l’insistenza su metodi e stili che ci hanno già fatto male, lo schierarci a favore di qualcuno o contro qualcun altro come nelle peggiori tifoserie sportive, il ricatto sottile per cui o uno è accontentato in quello che chiede o lascia tutto, il confrontarsi con gli altri e pensare sempre di essere vittime di ingiustizie e incomprensioni, la tendenza a giudicare i comportamenti altrui senza mai entrare nel profondo di sè e pescare nel torbido del proprio cuore.
A volte mi pare che la tentazione più frequente e più pericolosa tra noi sia quella di credere che sia la struttura a non funzionare, il governo centrale o provinciale o locale, l’organizzazione, la distribuzione dei ruoli. Cari confratelli, la struttura è struttura ed è funzionale e mai troveremo quella impeccabile, ma è il cuore che deve cambiare e la quaresima ce lo ricorda continuamente.
Ci ricorda di non cercare fuori il difetto del congegno, ma dentro.

Quella sera con Maria
Umiliazioni e attese infinite, rimproveri, dubbi, avevano segnato quei dieci o dodici anni che durò l’iter dell’approvazione e poi c’era da trascinare i fratelli, convincere o esortare, perchè per alcuni quella professione non aveva senso e non era necessaria.
Con voi, allora, vorrei interrogare il nostro padre, don Luigi.
Come hai vissuto quelle ore don Guanella? Che ti ha detto il Signore? Tu cosa gli hai risposto?
Potremmo interrogare i compagni di quella notte, don Mazzucchi più di ogni altro, che sul Charitas a più riprese e nella sua biografia racconta di quella vigilia dell’Annunciazione, piena della gioia di Maria ma anche della sua sorpresa, delle domande sul futuro, di qualche piccola paura, di qualche ragionevole dubbio.
Don Guanella ci consegnò la devozione alla Madonna della Provvidenza, alla Madonna del Lavoro, ma il primo titolo che aveva quasi stregato il suo giovane cuore era quello dell’Immacolata Concezione di Maria. Aveva dodici anni quando fu proclamato il dogma e neppure sedici quando iniziarono le apparizioni di Lourdes che lo affascinarono sempre.
Anche in quell’inverno 1908, qualche settimana prima della famosa professione di Como, aveva fatto erigere un oratorio alla Madonna di Lourdes nella casa di San Pancrazio, proprio l’11 febbraio e non era il primo, poichè quell’immagine era venerata in quasi tutte le sue case.
Non vi sembra che possa aver imparato tanto da quella storia della ragazzina presa per pazza e visionaria, del suo parroco Peyramale prudente e lento, dei nemici pronti a diffamare, deridere, condannare? Davanti alle vicende della sua storia a me sembra proprio che don Luigi ne aveva fatto un suo programma di vita stimolante: fidarsi di Dio, attendere, pregare, insistere senza stancarsi.
Don Mazzuchi racconta di quella sera.
Avevano organizzato tre giorni di ritiro predicati da don Luigi. Il martedì 24 marzo, di sera, professarono e alla fine don Luigi volle parlare ancora, tra le lacrime di tutti. Scrive don Mazzucchi:
“Quando lo udimmo ringraziarci commosso, egli il martire di tante fatiche e di tanti dolori passati…, il padre sempre generoso di compatimento e inestimabile nel suo amore per noi colpevoli di riluttanze e di indolenze spirituali…; quando lo udimmo ringraziarci… , oh! allora il nostro cuore non ne potè più e versammo lacrime di amore, di tripudio santo, di pentimento, di riconoscenza, che ci segnarono nell’anima un solco da non cancellarsi mai”.
Non si è ancora cancellato quel solco, ci stiamo dentro anche noi, forse meno commossi, ma ci stiamo dentro.
Chiedo a tutti, cari Confratelli, di ripensare la nostra consacrazione come una fortuna con la gratitudine di chi è stato raggiunto, senza troppo merito, da una proposta di Paradiso.
Alle comunità che possono farlo chiedo di riunirsi davanti al Signore e leggere insieme quella pagina della Biografia scritta da don Mazzucchi.

Grazie don Luigi.
A te, ai compagni di allora, a quelli delle generazioni successive che sono arrivate fino a noi.
Maria veglia con la tua Provvidenza di madre su questi figli che siamo noi.
Donaci altri ragazzi, giovani, commossi e capaci, come quelli di quella sera, di mettere in gioco la loro gioventù per Dio e per la causa dei poveri e facci degni di riceverli e sostenerli nel cammino.
Buon anniversario della nostra nascita come religiosi.


Roma, 24 marzo 2019

Padre Umberto Brugnoni